In Sardegna ci sono 330 patologie rare: “Molti non sanno di essere malati”

Giornata mondiale malattie rare: in Sardegna sono 330 le patologie, molti non sanno di essere malati. I familiari: “Siamo abbandonati”. Si celebra l’ultimo giorno di febbraio e il tema scelto per questa nona edizione è “La voce dei malati rari” per ascoltare le esigenze di chi vive la situazione di ‘rarità’ e promuovere una migliore qualità della vita. Perché chi più di un malato e dei suoi familiari può capire come può migliorare la vita di un paziente affetto da una patologia rara? Per questo anche Cagliari oggi ha deciso di organizzare un convegno al Caesar hotel, dalle 9 fino alle 18:30 che rispetta la tematica di quest’anno.

“Quello delle malattie rare è un argomento molto ampio, spesso poco conosciuto”, ha spiegato Sandra Di Ninni, responsabile scientifico di Nous, istituto di studi ente organizzatore della giornata sulle malattie rare. “Negli ultimi anni sono stati fatti dei progressi in ambito di prevenzione, diagnosi e soprattutto terapia, un ruolo fondamentale è stato svolto dalle associazioni di familiari e pazienti”. Retinoblastoma, ipofosfatasia, malattia di Behçet, sindrome di Kearns-Sayre, malattia di Leigh, sindrome di Lennox Gastaut, sono solo alcune delle 330 patologie presenti nella nostra Regione considerate rare (colpiscono non più di 5 persone ogni 10000). Difficile però capire quante persone soffrono di una patologia rara, in Italia sono circa 700 mila, ma in Sardegna il Registro delle malattie rare è in corso di compilazione, soprattutto non tutti ancora hanno contattato il centro del Microcitemico in cui è possibile fare una consulenza genetica e a molti purtroppo non è ancora stata “ufficialmente” diagnosticata la malattia, pur essendo figli, cugini, nipoti di pazienti già dichiarati.

Infatti spesso quando si parla di qualche malattia rara, si deve parlare di famiglie, non di pazienti. Come nel caso dell’HHT (teleangectasia emorragica ereditaria). Si tratta di una displasia a carico del sistema vascolare che colpisce i vasi sanguigni (soprattutto capillari e venule), c’è una probabilità su due che un individuo con HHT abbia un figlio affetto. Una sintomatologia propria dell’HHT non esiste. Il sintomo più frequente è l’epistassi (sangue dal naso) spontanea e ricorrente. Per questo motivo spesso il sanguinamento viene scambiato per “una debolezza”, fragilità capillare o ipertensione e perciò non si va più a fondo per capire il problema e arrivare quindi a una diagnosi precoce. “La difficoltà più grande sta nella diagnosi”, ha spiegato Giorgia Grussu, madre e moglie di un bambino e un uomo affetti da HHT e coordinatrice regionale dell’associazione ‘Sardegna Hht Onlus’. “E’ fondamentale la diagnosi precoce, dovrebbe partire già dal medico di base e questo non avviene per la scarsa informazione da parte di pediatri e medici”.

I dati sono allarmanti. Infatti secondo la coordinatrice dell’associazione ‘Sardegna Hht’ “il 90 per cento delle persone affette da hht ha la malattia e non lo sa, secondo una stima nazionale sono oltre 300 le persone in Sardegna affette da hht, ma noi come Onlus siamo a conoscenza di 54 casi, il registro delle malattie rare del Microcitemico è a conoscenza di 13 casi”. I vasi anormali risultano fragili e predisposti al sanguinamento. Le malformazioni vascolari che riguardano i piccoli vasi sono dette teleangectasie, quelle dei grossi vasi sono, invece, chiamate malformazioni artero venose (MAV). Le teleangectasie (vasi superficiali che presentano dilatazioni puntiformi o diramazioni a stella, di colore rosso-violaceo) compaiono sul viso e sulle labbra, sulla mucosa orale e sulla lingua, sulla mucosa nasale, sui polpastrelli delle dita delle mani, sulle orecchie e sulla testa. Gli organi interni che presentano MAV includono stomaco, fegato, polmoni e cervello e colonna vertebrale, per questo motivo una diagnosi tardiva può portare un paziente ad avere danni gravi permanenti.

“Molti si vergognano della malattia”, ha detto Giorgia Grussu che lancia un appello ai pazienti: “Fatevi avanti, il numero di cellulare di riferimento è 3393405484”. Sono pochi invece i casi accertati in Sardegna (solo una trentina) quando si parla di ‘Sindrome di Rett’, una patologia degenerativa rara. Colpisce un bambino su diecimila e nella maggior parte dei casi i soggetti di sesso femminile. Aveva solo sei mesi Aurora quando le è stato diagnosticato un ritardo psico-motorio, solo dopo un anno e un continuo peregrinare dei genitori da un ospedale all’altro, la sua mamma e il suo papà sono arrivati a Roma e solo da quel viaggio è arrivato il responso: sindrome di Rett.

La ‘bambina dagli occhi belli’, come la chiama il suo papà Enrico Deplano, presidente dell’associazione per la Sardegna di Airett ( associazione italiana Rett), ora ha nove anni, e grazie all’amore dei suoi genitori e a tutte le cure quotidiane, nonostante le sue difficoltà psico-motorie, giorno dopo giorno riesce a fare qualche passo avanti. “La sindrome è la mancanza di una proteina che non permette al cervello di sviluppare le sue capacità”, ha spiegato Deplano. “In particolare i neuroni sono ricettivi, ma le sinapsi sono compromesse, perciò le risposte arrivano male e distorte”. Per questo Aurora anziché dare un bacio, ad esempio potrebbe mordere, lei non parla, non utilizza le mani, non gioca.

Ma anche la sua vita può sempre migliorare. Infatti i genitori hanno capito che potevano agire su altre aree: “L’affetto e la socialità, ora nostra figlia è serena”. Aurora non camminava, strisciava i piedi, ora sale le scale da sola, l’anno scorso ha anche imparato ad andare a cavallo. “Qui nessuno ci capisce e nessuno ci aiuta”, ha dichiarato Deplano rivolgendosi a tutti, familiari, amici, istituzioni e scuola: “Le varie aziende ospedaliere che dobbiamo girare per fare diverse visite specialistiche a mia figlia non comunicano tra loro, a Siena, dove c’è il centro di riferimento nazionale della sindrome, c’è una comunicazione fra tutti i reparti”. E ha aggiunto: “Non abbiamo un’assistenza psicologica, non c’è la presa in carico del paziente, a partire dalla scuola, mia figlia dovrebbe avere un’insegnante di sostegno e un’educatrice del comune, ma spesso non è seguita da nessuno”.

Spesso i pregiudizi sono dietro la porta. “I bambini non hanno pregiudizi, li hanno i loro genitori, le persone ci guardano in maniera distorta, non fanno neanche un sorriso”. Ma nonostante tutto, la ‘bambina dagli occhi belli’ “ha un’amore incondizionato molto sviluppato, senza chiedere nulla indietro”. Per questo motivo Enrico Deplano e sua moglie hanno ideato il progetto “bambola Aurora”. Nelle classi delle scuola di alcuni quartieri cagliaritani hanno insegnato ai bambini come realizzare una bambola utilizzando soltanto strofinacci da cucina, ovatta e nastri. Sono nate così un centinaio di bambole, poi messe in vendita per sensibilizzare docenti e studenti sulla malattia e per raccogliere fondi per l’associazione.

Ancora diversa è la spina bifida, una malformazione o difetto neonatale dovuto alla chiusura incompleta di una o più vertebre, che risulta una malformazione del midollo spinale. Comporta disabilità motorie e funzionali a carico dei diversi organi e apparati. Non è possibile guarire, ma molto si può fare per la prevenzione e per migliorare la qualità della vita delle persone. Proprio per questo Mario Orgiana, da quando ha scoperto di aspettare una bambina con la spina bifida, lotta da quasi trent’anni per diffondere le campagne per la prevenzione contro le malformazioni congenite. “Con l’utilizzo dell’acido folico prima della gravidanza, il rischio di malformazioni congenite crolla fino al 70 per cento e si risparmierebbero circa 350 mila euro a paziente”. Secondo l’Asbi (associazione spina bifida) in Sardegna si contano circa 250 persone affette dalla patologia. Ma anche in questo caso, le famiglie percepiscono un senso di abbandono. “Manca un punto di riferimento che possa dare delle indicazioni corrette e non lasci sola la famiglia di fronte a un problema che è medico e sociale”, ha spiegato Orgiana, “il problema serio è avere un punto di riferimento unico dove essere seguiti”. Perché anche quando si parla di spina bifida, l’autonomia è possibile. “Se lo stesso impegno che mettiamo noi lo mettessero la società e lo stato, ci sarebbe una vita migliore per tutti”. E la figlia di Mario Orgiana è un esempio per tutti: ha conseguito un diploma e si è sposata.

Monica Magro

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