Immigrazione, allarme su dl Salvini: “Un passo indietro nell’accoglienza”

Un pericoloso passo indietro nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti: sarebbe questo, in sintesi, il risultato del nuovo decreto legge per l’immigrazione approvato ieri dal Consiglio dei Ministri secondo chi si occupa di richiedenti asilo e rifugiati in Sardegna. Il documento dovrà essere vagliato dal Presidente della Repubblica e trasmesso al Parlamento per la conversione in legge. Non è quindi definitivo e non è detto che passi, nonostante ciò sta già generando allarme tra amministratori, sindaci e operatori sardi che si occupano quotidianamente di gestione e integrazione degli stranieri. I punti più controversi riguardano la cancellazione della protezione umanitaria e il ridimensionamento della rete Sprar, che oggi in Sardegna coinvolge 400 stranieri e 17 enti locali: sarebbe questo, più che la concentrazione massiccia nei centri Cas gestiti dalle prefetture, lo strumento più efficace per una buona accoglienza.

Stop alla protezione umanitaria. Uno dei temi caldi è quello che riguarda la concessione della protezione umanitaria: il decreto prevede infatti di cancellare l’ipotesi di un permesso temporaneo per motivi umanitari. Chiunque non rientra nella protezione internazionale, asilo politico o protezione sussidiaria, può fare oggi richiesta di permesso per “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, come prevede la legge 286 del 1998. Tra i seri motivi ci sono malattie, età, carestie, instabilità politica o economica e disastri ambientali nel paese d’origine; il permesso può essere accordato anche a vittime di violenza domestica o vittime di tratta, è di durata variabile e rinnovabile. Se il decreto Salvini dovesse entrare in vigore, verrebbe cancellata la protezione umanitaria e sostituita da un permesso speciale per  vittime di violenza domestica e grave sfruttamento lavorativo, in casi di grave malattia o di eccezionali calamità. Sarebbe quindi ristretto l’ambito per la protezione umanitaria. Solo per i malati sarebbe di durata variabile, per gli altri sarebbe di soli sei mesi e comunque non rinnovabili. Non è una novità: già a luglio il ministro dell’Interno aveva mandato a prefetti e commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale un invito a vagliare con più attenzione i motivi umanitari.
Le percentuali sarde per chi ha ricevuto nel 2017 la protezione umanitaria sono in linea con quelle nazionali: su 3270 domande, le Commissioni territoriali ne hanno respinto il 54 per cento, hanno accettato 104 richieste di asilo, (il 3,18 per cento) e 115 di protezione sussidiaria, mentre le protezioni umanitarie sono state accordate a 901 persone, il 27,5 per cento del totale. Se dovesse passare la linea dura di Salvini tre richiedenti asilo su quattro non sarebbero accolti, e andrebbero a ingrossare le fila degli stranieri respinti dal paese.

La rete Sprar. Un grande cambiamento sarà riservato anche alla rete Sprar, il sistema per l’integrazione dei rifugiati e richiedenti asilo gestito dagli amministratori locali. Oggi possono accedere le persone già in possesso di protezione internazionale ma anche i richiedenti;  se dovesse passare la riforma vi entreranno solo i primi, oltre ai minori non accompagnati. Attualmente nell’Isola ci sono 400 posti Sprar divisi tra 17 enti: Città Metropolitana di Cagliari, Capoterra, Quartu Sant’Elena, Austis, Uta, Villasimius, Iglesias, San Gavino, Alghero, Porto Torres, Nuoro, Sassari, Santa Teresa Gallura, Tresnuraghes, Unione comuni del Marghine. Ci sono poi due progetti, a Bonorva e Aglientu, dedicati a 22 minori stranieri non accompagnati. Una rete importante, capace di garantire un’integrazione vera di piccoli gruppi di persone fatta di corsi, scuole, progetti di lavoro e assistenza legale. Se dovesse diminuire drasticamente il numero degli stranieri dentro gli Sprar, molti progetti rischierebbero la chiusura. Chi è in attesa di un responso sulla richiesta di protezione potrà stare esclusivamente nei Cas, i centri per l’accoglienza straordinaria, dove vivono insieme anche centinaia di persone.

“Far saltare per aria e ridimensionare notevolmente il sistema di accoglienza degli Sprar, anziché incentivarlo, rappresenta un pericoloso salto indietro nella gestione delle politiche migratorie – commenta Emiliano Deiana, presidente di Anci Sardegna. – Il mancato coinvolgimento dei Comuni nella stesura del decreto rappresenta un grave errore di metodo; così come nel merito il ritorno al sistema dei Cas gestiti dalle prefetture e istituiti senza alcun coinvolgimento dei sindaci e delle comunità. I Cas hanno numeri abnormi che generano allarme sociale e contrasti con le comunità nei quali vengono aperti; non garantiscono la dignità dell’accoglienza nè per gli ospiti nè per le comunità locali e rischiano di far scoppiare il peggiore dei contrasti: quello fra penultimi e ultimi. Sono i Cas ad aver precarizzato le condizioni di vita delle comunità, generato allarme sociale e non hanno garantito nessuna integrazione. Occorre a andare in direzione opposta con una spinta maggiore verso gli Sprar: il sistema che vede i comuni e le comunità protagonisti di una accoglienza ordinata, fatta di piccolissimi numeri, nemica del disordine. Una spinta che da forma incentivata doveva divenire obbligatoria per tutti i comuni con numeri piccolissimi e distribuiti su tutto il territorio, senza assembramenti, senza bivacchi e senza diventare bacino per le bande criminali. Auspichiamo che il Parlamento, durante il percorso di conversione del Decreto, introduca miglioramenti sostanziali al provvedimento in particolare sugli Sprar e sull’iter di riconoscimento del diritto d’asilo per motivi umanitari”.

Francesca Mulas

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