Il giornalista de ‘La Casta’: “In Italia anziché fare turismo si rifilano pacchi ai turisti”

Il nuovo Piano paesaggistico, le trivelle della Saras ad Arborea, l’area archeologica di Tuvixeddu soffocata dai palazzi, le mutazioni del Dna nei bambini cresciuti faccia alla Saras, il lago di cianuro nelle colline di Furtei. Di questo (e altro) si è parlato ieri durante l’incontro promosso dall’associazione ecologista “Gruppo d’intervento giuridico”, da decenni impegnata a difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini. Ospite d’eccezione Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere della Sera e autore de “La Casta” , il quale ha proposto la sua ricetta per curare i mali che affliggono l’isola.

“Anche qui in Sardegna – ha esordito Stella – è d’obbligo puntare su turismo e cultura, e per farlo occorre cambiare mentalità“. Alla premessa è seguita una bacchetta: “Noi – ha continuato il giornalista riferendosi all’approccio italiano – non sfruttiamo i siti Unesco, se non per fregiarci di un bollino, non valorizziamo le bellezze di cui disponiamo e siamo sempre pronti a rifilare ‘pacchi’, ad esempio presentando conti salatissimi al ristorante. Così i turisti vanno altrove”.

Insomma, per Stella bisogna cambiare: “In Italia – il turismo incide sul Pil solo per il 3,3%, ma si tratta di un dato inaccettabile. Nel caso della Sardegna, è necessario che l’Isola risolva la questione dei trasporti, un tassello fondamentale per realizzare la sua legittima aspirazione di divenire un museo a cielo aperto”.

Durante il dibattito, a tracciare il filo che collega le trivelle della Saras alle costruzioni abusive di Badesi ci ha pensato il sostituto procuratore del Tribunale di Cagliari, Daniele Caria: “Esiste un retaggio storico per il quale si è portati a pensare che le cose si aggiusteranno tramite la prescrizione o il condono”. In quest’ottica, “per ragioni di mero consenso ha continuato il magistrato – la politica riflette gli umori meno lungimiranti, riflette gli istinti che portano a concepire i vari regolamenti come un limite all’iniziativa imprenditoriale lasciando all’autorità giudiziaria la risoluzione dei problemi posti relativi alla speculazione edilizia o alla presenza delle grosse industrie nei territori”.

La parola l’ha poi presa Stefano Deliperi, il presidente del Gruppo d’Intervento Giuridico e autore di decine di esposti, ricorsi e denunce contro le “aggressioni” rivolte ai territori. “Più che di Sardegna – ha detto – bisognerebbe parlare di Sardinistan, di una terra, cioè, in cui l’illecito è di casa. Basti pensare a Capoterra, dove è stata autorizzata la costruzione di immobili in aree dall’elevato rischio idrogeologico o al polo di Portovesme, su cui è caduto il velo del silenzio, nonostante sia stato accertato che le emissioni inquinanti abbiano causato deficit cognitivi nei bambini di Portoscuso”.

Per Gianfranco Sollai, avvocato del Foro di Cagliari, “la madre di tutti i problemi è l’esistenza di un’intrinseca debolezza economica che in Sardegna ha agevolato interventi dannosi per l’ambiente e la salute. Bisogna però ricordare – ha sottolineato il legale – che nel caso dei poligoni militari la controparte è lo Stato, il quale ha imposto alla Sardegna il 66% delle servitù militari“.

Dello stesso avviso la consigliera regionale Claudia Zuncheddu (Sardigna libera), per la quale “la salute dei cittadini deve essere al centro di qualsiasi piano di rilancio economico della Sardegna. In ogni caso, il vero problema della nostra Isola è il conflitto tra lo Stato italiano e la classe politica sarda che non rappresenta gli interessi del popolo sardo e anzi avvalla poligoni e industrie, finanziando lautamente la Saras con i contributi del Cip 6″.

Piero Loi

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