Il delitto del lago Omodeo: si cerca il corpo, sotto torchio gli ‘amici’ di Manuel

Ucciso per un piccolo debito di droga, appena qualche centinaia di euro. Forse è l’unica certezza attorno al delitto di Manuel Careddu, il 18 enne di Macomer, scomparso da più di un mese. In carcere sono finiti cinque suoi amici, sono accusati di aver architettato nei minimi dettagli il suo omicidio, per non pagare quei soldi (leggi qui). Le accuse sono omicidio volontario aggravato da premeditazione e occultamento di cadavere. Si tratta di tre ventenni di Ghilarza, Cristiano Fadda, Matteo Satta e Riccardo Carta, e di due minorenni (tra cui una ragazza). Hanno avuto ruoli diversi, ma tutti hanno collaborato allo stesso scopo. Ora i cinque sono sotto torchio per tentare di arrivare al corpo del giovane: in un primo momento le ricerche si sono concentrate sulle acque del lago, ora anche sulla sponda vicino al minuscolo paese di Soddì e sui terreni vicini. Ma senza successo. Non si esclude, infatti, che il corpo possa essere stato seppellito. O anche spostato in seguito al delitto.

La microspia sull’auto e le intercettazioni. A incastrare i cinque le intercettazioni ambientali ‘casuali’ registrate a bordo di un auto. Era in uso al figlio di un indagato per omicidio e per questo sorvegliata da una cimice e da un geolocalizzatore. Questa la chiave dell’indagine portata avanti dalla Procura di Oristano (procuratore Ezio Domenico Bosso). Ed è a bordo di quell’auto che i giovani vanno a prendere Manuel ad Abbasanta – al suo rientro da Cagliari con un pullman Arst – per portarlo sulla sponda del lago, un viaggio di sola andata. Lì si registrano i racconti di quella sera. Pochissime le tracce lasciate dal ragazzo, prima dell’incontro con i suoi ‘amici’ l’invio di un messaggio alla madre con il nome di una ragazza che avrebbe dovuto incontrare, poi il silenzio.

Il piano e il tentativo di depistaggio. Non è ancora chiaro come Manuel sia stato ucciso, si esclude solo l’ipotesi dell’arma da fuoco. Tutto era comunque organizzato: secondo la ricostruzione degli inquirenti gli è stata tesa una trappola forse con il pretesto di ottenere quei soldi. Per evitare che gli smartphone agganciassero le celle sono stati spenti e lasciati in consegna a uno del gruppo, rimasto a Ghilarza.  Un tentativo pianificato e inutile, visto che gli inquirenti hanno ‘tracciato’ l’auto e seguito le conversazioni del gruppo per un mese ancora.

mo. me. 

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share