Iglesias, il ‘Pasticciaccio Casermette’ e l’inchiesta sulle case popolari

A Iglesias, a due passi dal centro della città e a ridosso del cimitero monumentale, esiste una vasta area urbana, nota come le “Casermette”, nel quartiere di Col di Lana, risalente agli anni ‘30 del secolo scorso. L’area e i fabbricati sono fortemente degradati e in stato di quasi totale abbandono nonostante ci vivano un centinaio di famiglie. Il Comune ha grosse difficoltà ad intervenire perché da molti anni esiste un contenzioso con gli occupanti degli alloggi. Il nomignolo “casermette” deriva dal fatto che l’intera area, con locali annessi, faceva parte della ex caserma Col di Lana ed ex caserma Carcangiu, sede del 60° Reggimento Calabria. La caserma fu usata come base d’appoggio dalla fanteria italiana per le missioni nella guerra d’Etiopia. E venne utilizzata anche durante il secondo conflitto mondiale. Finita la guerra, alla fine degli anni ’40, i militari abbandonarono gli alloggi, i dormitoi, le stalle e le officine. L’amministrazione comunale di allora, vista la carenza di case, ne concesse l’uso in maniera bonaria, anche con l’intervento della società mineraria Monteponi, a famiglie di minatori e dipendenti comunali senza casa. Gli assegnatari, senza titolo, nel corso degli anni e a proprie spese, le hanno adattate per poterci vivere.

Ancora oggi, in quelle case, molte delle quali in condizioni fatiscenti, vivono un centinaio di famiglie. Non tutte però provengono dall’originaria assegnazione bonaria risalente al dopoguerra. Molti di questi alloggi sono stati oggetto, negli anni e ancora oggi, di occupazioni abusive che si ripetono. E, in taluni casi, neppure per viverci. Negli anni ‘90 il Demanio rivendicò il pagamento dell’affitto dell’intero compendio e degli alloggi occupati. Ne nacque un contenzioso legale che non risolse la controversia. E tutto, o quasi, rimase tal quale.

L’intera area, però, doveva essere riqualificata essendo in condizioni estremamente degradata e fatiscente. Ed anche per regolarizzare, da un punto di vista giuridico, la posizione delle famiglie occupanti.  Nel 2005 l’allora sindaco di Iglesias Pierluigi Carta presentò un progetto di riqualificazione dell’area, per il restauro delle case e per la costruzione di nuovi alloggi popolari. La riqualificazione dell’area, nelle intenzioni, avrebbe dovuto rispecchiare la tipologia urbanistica utilizzata nel ’49 dall’architetto Ettore Sottsass per la costruzione dell’adiacente villaggio operaio, con soluzioni architettoniche e urbanistiche all’avanguardia all’epoca e ancora oggi attuali e perfettamente integrate nel contesto urbano. Il progetto prevedeva locazioni a canone concordato e, dopo 15 anni, gli inquilini ne sarebbero diventati proprietari. Dello stesso progetto faceva parte anche la costruzione di una serie di alloggi “ecologici-green”, gli alloggi oggetto delle indagini della GdF di questi giorni, che sarebbero serviti per spostare, temporaneamente e a rotazione, le famiglie per il tempo necessario alla ristrutturazione. Purtroppo il progetto naufragò perché le famiglie non si accordarono con l’amministrazione comunale.

Nel 2009 il Comune di Iglesias diventa proprietario dell’intera area al costo simbolico di un euro e il sindaco di Iglesias, Emilio Gariazzo, decide di mettere mano all’intricata vicenda delle “casermette”. Tenta di regolarizzare la posizione degli occupanti offrendo un contratto d’affitto e chiedendo gli arretrati a partire dal 2009. Gli occupanti non ci stanno, contestano la decisione e si costituiscono in comitato, nominando un proprio legale. Le loro osservazioni riguardano la decorrenza, che deve essere quella della stipula dell’atto di locazione, che ancora oggi non c’è, tranne pochissimi casi. Inoltre la valutazione del canone deve tener conto, secondo gli occupanti, anche della vetustà dell’immobile e degli interventi realizzati, a proprie spese, nel corso degli anni. Infine viene chiesto al Comune, in quanto proprietario, che si faccia carico delle necessarie opere di ristrutturazione degli alloggi. Che, in pratica, vorrebbe dire demolire e ricostruire. Insomma è in atto un nuovo contenzioso legale di cui, al momento, non è possibile conoscerne gli sviluppi.

Di certo c’è che oggi le famiglie continuano a vivere in quelle fatiscenti “casermette”. Con tetti in eternit, pericolanti e a rischio crollo, con pareti grondanti di muffa e umidità, e ospiti indesiderati. Il totale degrado si estende anche al di fuori degli alloggi, in quegli spazi pubblici, come strade, piazze e aree verdi, che il Comune dovrebbe curare e gestire. Al centro di questo compendio immobiliare vi è la Piazza Buozzi. Una decina d’anni fa è stata oggetto di riqualificazione da parte del Comune. Fu realizzata un’area sportivo-ricreativa attrezzata completa di chiosco bar e spogliatoi. Oggi l’area sportiva è in totale stato di abbandono. Il chiosco, allegramente ravvivato dai writers, è divenuto una mini discarica urbana, con rifiuti di ogni tipo e rifugio per topi. Al suo interno è stato alloggiato perfino un grosso pastore tedesco. Sul campo di calcetto ha trovato ricovero anche una piccola imbarcazione. Intorno alle case i giardini “privati”, con fiori e piante, delimitati in modo al quanto pittoresco da lamiere e reti-letto. Il degrado e l’incuria imperversa. Le strade sterrate, sempre inumidite da liquami incerti, e le aree verdi sono terra di nessuno. Davvero una poco decorosa cartolina per una delle principali vie d’accesso alla città, a ridosso del glorioso stadio Monteponi e a poche centinaia di metri dalla Piazza Quintino Sella, “il salotto della città”.

Le uniche cose realizzate sono gli alloggi-ponte, le così dette case in legno, perchè costruite secondo moderni canoni architettonici ed energetici. Sono stati costruiti da AREA (Azienda Regionale Edilizia Abitativa).  Il Comune, vista la forte richiesta di alloggi popolari (non è cambiato niente da cinquant’anni a questa parte) ha provveduto a farne l’assegnazione, archiviando così di fatto, il progetto del sindaco Carta, che avrebbe potuto dare una svolta al destino delle “casermette”. Diversi di questi alloggi non sono neppure utilizzati e la relativa graduatoria di assegnazione è finita in diversi esposti presentati alla Guardia di Finanza e alla Procura della Repubblica, che ora ha aperto ufficialmente un’indagine per verificare se gli assegnatari hanno davvero i titoli per poterne usufruire.

Carlo Martinelli

 

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