Grido del vescovo davanti alle sei bare: “La mano dell’uomo in questa tragedia”

“Quando l’uomo si sostituisce al Creatore, fa il male”. Voce ferma. Il vescovo di Tempio Ampurias pronuncia queste parole senza acredine, un uomo con le vestigia della Chiesa, lo spirito che non porta rancore ma non riesce a restituire speranza. Davanti sei bare. I corpi davanti a Dio delle vittime di un’alluvione. La natura che si ribella a quell’uomo che ne ha violato le leggi. Patrizia con la piccola Morgana, Francesco con il piccolo Enrico, Maria e Anna. Sanguinetti scandisce più volte i loro nomi davanti a un dolore incommensurabile che trasfigura familiari e parenti. Cominciamo dalla fine, però: dopo la benedizione, sul tetto del Geovillage si levano tanti palloncini bianchi. Il saluto dei bambini di Putzolu all’amico Enrico, il compagno di giochi e innocenza che non c’è più. Forse è questo l’unico squarcio di speranza dopo ore terribili. Il resto è un tappeto di lacrime.

Al Geopalace di Olbia migliaia di persone per l’ultimo saluto alle vittime

Sono le 15,30. Mezza Olbia ha deciso di salutare le vittime dell’alluvione. Arrivano le bare davanti all’ingresso del Geopalace, che ospita le esequie. Quattro bare grandi, color noce. Poi due piccolissime. Bianche. Sembrano fuori luogo, immagine di un destino insopportabile, senza possibilità di comprensione. Le bare di Enrico e Morgana, tre e due anni, morti tra le braccia di papà Francesco e mamma Patrizia. Quel terribile pomeriggio è nei volti di tutti coloro che affollano il palazzetto alla periferia di Olbia. I politici locali, quelli regionali, la ministra delle Pari Opportunità, Cecile Kyenge in rappresentanza del governo. Ma soprattutto i tanti cittadini comuni, gli olbiesi che non possono mancare all’ultimo saluto, che vogliono partecipare al dolore. Il volto delle istituzioni è soprattutto quello del sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli. Un gigante piegato dal dolore, commosso, segnato da una vicenda che non lo lascerà più.

Sanguinetti legge il Vangelo di Matteo: la resurrezione di Cristo come messaggio di speranza

Sanguinetti annuncia la vicinanza del Santo Padre, che ha inviato a Olbia il Sostituto della Segreteria di Stato, il sardo Angelo Becciu. Uno dei momenti più toccanti è la lettura del Vangelo di Matteo, il racconto della resurrezione di Gesù dopo il grido di aiuto al Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Poi il cielo si squarciò in due e il Cristo fatto uomo ascese al cielo”. Sanguinetti usa il sacrificio di Gesù e il suo supplizio per ripercorrere la sera tragica di lunedì, quando il cielo si è fatto buio e ha lanciato una bomba d’acqua su Olbia. “Persone che hanno perso la vita nel disperato tentativo di salvarsi, Morgana ed Enrico sono vittime innocenti – ha detto Sanguinetti durante l’omelia – sono angeli che vanno in cielo, nel buio di un’anima immersa nel dolore, se Gesù è risorto anche noi risorgeremo”. Un cenno anche al Libro dell’Apocalisse di Giovanni, quando al termine del buio “vidi un cielo nuovo, in una terra nuova”. La speranza non ci può essere in questo giorno, anche la fede vacilla, ma Sanguinetti come abbiamo visto chiama in causa anche le responsabilità dell’uomo, quelle colpe che ospita la coscienza in attesa che anche la giustizia umana faccia la sua parte. “Se in passato avessimo rispettato il Creato, non saremmo arrivati a un giorno come questo”, sibila Sanguinetti, senza dimenticare la parte dell’uomo in questa tragedia. Poi gli applausi e i palloncini. Quattro bare grandi. Due piccole, bianche. Il dolore pubblico si conclude in questo pomeriggio plumbeo. Sarà l’anima e il corpo di chi ha perso tutto, gli affetti più cari, a custodire il dolore privato. Quello che non si dimentica.

Giandomenico Mele

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