Gli ambientalisti: “Sulla discarica della Carbosulcis intervenga la Procura”

Sul progetto di ampliamento della discarica della Carbosulcis che accoglie gessi e ceneri provenienti dalla centrale Enel “Grazia Deledda” di Portovesme c’è chi vuole vederci chiaro. L’associazione ambientalista Adiquas di Nuraxi Figus ha presentato un esposto al procuratore della Repubblica di Cagliari Mauro Mura. Accuse ovviamente da verificare, ma Adiquas avanzata il sospetto di “comportamenti penalmente rilevanti” e chiama in causa Mario Porcu, direttore generale della Carbosulcis, e i progettisti Gian Matteo Sabiu, Alessandro Olla, Fabio Grasso e Pietro Pittau.

Approvato dalla giunta regionale lo scorso 11 novembre, secondo l’associazione ambientalista il progetto della realizzazione di un nuovo anello presso la discarica di Monte Sinni “fa acqua da tutte le parti”. “Innanzitutto – afferma il presidente dell’Adiquas Giancarlo Ballisai –  non si spiega come mai la Carbosulcis abbia presentato una nuova richiesta di ampliamento in seguito a quella del settembre 2013. I lavori realizzati non più tardi di un anno e mezzo fa avrebbero dovuto garantire capacità di smaltimento fino al 2017. Così c’è scritto sulla precedente autorizzazione integrata ambientale (A.I.A)”. Il sospetto è che la discarica di Monte Sinni non accolga solo le ceneri provenienti dalla centrale. A sostegno dell’ipotesi, “un’intenso via-vai di camion, diverso da quello che porta le ceneri dalla centrale alla discarica”. Insomma, un movimento di mezzi attivo anche nottetempo, “quando la discarica dovrebbe essere chiusa”.

Non convince neanche il piano economico-finanziario allegato al progetto. “Secondo i progettisti – spiega il presidente dell’Adiquas – trascorsi venti mesi dalla conclusione dei lavori, la discarica della Carbosulcis genererà un utile di 33 milioni 841mila euro, tolte le spese dagli oltre 42 milioni di euro di ricavi. Peccato, però, che questa cifra sia ottenuta moltiplicando le 460.000 tonnellate di ceneri che la discarica potrà ospitare in seguito all’ampliamento per un prezzo unitario di 92 euro a tonnellata”. “Il punto – continua Ballisai – è che il prezzo medio corrisposto da Enel non andrebbe oltre i 46 euro a tonnellata, visto che le ceneri prodotte dalla combustione del carbone sulcitano (il 50% del totale secondo le stime dell’associazione ambientalista, che riprende i dati pubblicati dal portale Sardegnaambiente.it della regione) verrebbero smaltite gratuitamente. Così c’è scritto nel contratto tra la multinazionale dell’energia e la Carbosulcis di Nuraxi Figus. Stando così le cose, i ricavi si dimezzano (21 milioni 160.000 contro i 42 milioni 393 mila)”.

I conti non tornerebbero neanche alla voce “costi operativi”, quantificati in tre milioni di euro, una cifra di gran lunga inferiore a quelle sostenute da altre discariche analoghe, aggiunge Ballisai. Sempre tra i costi, non si ritrova né l’ecotassa che deve pagare lo smaltitore. ovvero la Carbosulcis né i costi di trasporto dalla centrale Enel alla discarica. In tutto 6.000.000 di euro non contemplati. Quindi il costo reale di gestione dell’ampliamento autorizzato dovrebbe essere compreso tra i 25 milioni e i 28 milioni e, perciò, nella migliore delle ipotesi l’utile reale potrebbe essere nullo. Perché allora – domandano gli ambientalisti – approvare un progetto in perdita? Chi ne trarrà vantaggio?

Le anomalie segnalate da Adiquas non riguardano solo l’aspetto economico. Ad esempio, la procedura d’impatto ambientale si è conclusa in appena 4 mesi, contro i circa 12 impiegati per la valutazione del precedente ampliamento; l’approvazione dello scorso novembre è poi arrivata senza la convocazione di una seconda conferenza di servizi, necessaria per valutare le integrazioni prodotte dalla Carbosulcis in seguito alle richieste formulate nel corso della prima e unica conferenza di servizi. Soprattutto, l’ok al progetto è arrivato nonostante le prescrizioni della precedente A.I.A non siano state rispettate: ad esempio, non sono state bonificate le falde acquifere.

Inoltre, su richiesta dei comuni di Portoscuso e Gonnesa, si sarebbero dovuto effettuare delle analisi sui livelli d’inquinamento dell’area e compararle con quelle condotte dalla Carbosulcis e dall’Arpas. “Ma nessuno ha mai condotto le indagini prescritte dall’A.I.A. Fatta eccezione per la Tecnochem – società coinvolta nell’ambito del processo sul traffico illecito di rifiuti provenienti dalla Portovesme srl – che ha condotto le analisi per conto della Carbosulcis. Prelevando campioni  in luoghi non adatti, infrangendo, cioè, la legge”, conclude Ballisai.

Piero Loi

 

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