Furtei, la cronistoria di un disastro annunciato

Da anni la Regione sborsa milioni e milioni di euro per tenere sotto controllo l’ex area mineraria di Santu Miali, a Furtei, dopo l’abbandono del sito da parte del concessionario. Che ha lasciato un’eredità esplosiva: i terreni sono contaminati e i bacini – che rischiano di tracimare ad ogni pioggia – contengono cianuro, arsenico e altri elementi mortali. Ma come si è giunti a questa situazione? Lo ricorda Stefano Deliperi in una nota del Gruppo di intervento giuridico.

La miniera d’oro era stata avviata la produzione attraverso l’allora Ente Minerario Sardo – E.M.SA., presieduto da Giampiero Pinna (poi consigliere regionale P.D.S., poi ancora presidente verde del Parco geominerario della Sardegna fino al successivo commissariamento), l’unico ente regionale posto in liquidazione per eccessive perdite della storia autonomistica sarda (legge regionale n. 33/1998). 

All’avvìo delle attività minerarie (primi anni ‘90 del secolo scorso) e, successivamente, le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico chiesero, con iniziative legali, lo svolgimento del procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A., purtroppo senza alcun esito. Allora, infatti, la Regione autonoma della Sardegna non applicava la direttiva n. 85/337/CEE in materia di V.I.A. per le attività estrattive: lo farà soltanto con la legge regionale n. 15/2008 (art. 8), dopo due procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea per mancato recepimento della normativa, su altrettanti ricorsi proprio delle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico in relazione alle concessioni minerarie rilasciate a Muros (SS), poi fermate dal giudizio negativo da parte della Giunta regionale al termine del procedimento di V.I.A. La Sardinia Gold Mining s.p.a. (ora in fallimento) era la società mineraria titolare della concessione di estrazione aurifera Santu Miali, le cui azioni vennero in gran parte cedute al partner estrattivo di rilevanza internazionale, e giunsero alla multinazionale Buffalo Gold ltd (Canada).

Con l’esaurimento dello scarso filone aurifero, ha abbandonato il cantiere minerario senza porre in essere le necessarie operazioni di messa in sicurezza e di bonifica ambientale. Ovvio e scontato. Le condizioni del mercato internazionale dell’oro lo rendevano opportuno in una logica essenzialmente industriale e finanziaria. 47 dipendenti si ritrovarono sulla strada.

In più, giusto per guadagnarci ancora, secondo le accuse della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, ben 10 km. dell’attuale strada statale n. 131 “Carlo Felice” sono stati realizzati negli anni scorsi con l’utilizzo di “scarti di lavorazione tossici dell’ex miniera d’oro di Furtei … Accusati di traffico illecito di rifiuti il legale rappresentante della miniera, l’australiano Garry Johnston e Antonino Marcis, di Macomer, che si era aggiudicato il subappalto per la realizzazione della strada. Indagati anche Aldo Serafini, della Todini spa, e il direttore dei lavori dell’Anas, Giorgio Carboni”.

Conseguentemente la Regione autonoma della Sardegna, ancora titolare di una partecipazione minoritaria (10%) al capitale sociale della Sardinia Gold Mining s.p.a., ha dovuto metter mani al portafoglio di tutti noi sardi per evitare un disastro ambientale e sociale.

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