Fondi gruppi, le 13 condanne chiudono la prima inchiesta: ecco la storia

Con le tredici condanne emesse oggi dal tribunale di Cagliari si chiude la prima inchiesta sui fondi ai gruppi. Nel 2009 l’avviso dell’indagine, ad aprile 2013 la prima udienza.

Chiudono la prima inchiesta sui fondi ai gruppi le tredici condanne emesse ieri dal tribunale di Cagliari. Tutto era cominciato nel 2008, quando Ornella Piredda, allora funzionaria del Consiglio regionale, presentò un esposto in Procura, a Cagliari, denunciando irregolarità nella spesa e nella rendicontazione dei soldi pubblici assegnati ai partiti. Qualche mese prima la Piredda aveva denunciato per mobbing il presidente del gruppo Misto nel quale lavorava, il sardista Giuseppe Atzeri, diventato il grande accusato del processo, ma ritenuto non colpevole di vessazioni e abusi, reati che si erano andati ad aggiungere al peculato, insieme al falso. In sede civile l’ex funzionaria ottenne il saldo delle differenze retributive, mentre in sede penale l’esposto venne assegnato al pubblico ministero Marco Cocco che spedì venti avvisi di garanzia ad altrettanti consiglieri e nel 2013 ha aperto pure l’inchiesta bis, indagando un’altra sessantina di consiglieri regionali.

Lo scorso 11 aprile, durante una delle tre udienze dedicate alle arringhe, il Pm fu durissimo contro lo stesso Consiglio regionale e ricordò quel conflitto di attribuzione che la massima assemblea sarda, attraverso l’allora presidente, Giacomo Spissu, stava per sollevare, in quando il Palazzo “considerava insindacabile la propria attività” (leggi qui il duro affondo della pubblica accusa). Fatto sta che la Procura di Cagliari mandò in via Roma la polizia giudiziaria che ritirò centinaia di documento diventati prima indagine, poi rinvii a giudizio. Ad aprile 2013 la prima udienza del processo.

Il pm Cocco sedeva anche ieri nella seconda a sinistra, nell’aula 1, in prima fila. Accanto a lui, il procuratore capo pro-tempore, Gilberto Ganassi, che mai prima di oggi si era visto in udienza. Sulla sua presenza in aula, oltre all’importanza dell’appuntamento, c’entra molto anche il galateo, visto che Mauro Grandesso, a capo del collegio giudicante, da oggi potrà dedicarsi esclusivamente al suo ruolo di presidente del tribunale.

La tredici condanne di ieri consegnano una certezza sui fondi ai gruppi: l’impianto accusatorio della Procura non è mai stato messo in discussione dai giudici, a palazzo di giustizia hanno mantenuto una posizione univoca nel valutare le spese dei consiglieri regionali durante la legislatura 2004-2009. Un periodo in cui, durante la fase dibattimentale, è emerso di tutto: attraverso le cosiddette pezze giustificative prodotte dalle difese, è venuto fuori che nella massima assemblea sarda era prassi usare i fondi ai gruppi per pagare cene e pranzi. Poi ecco le fatture per viaggi di piacere, per saldare il conto del meccanico, per pagare la lavanderia o acquistare automobili. I consiglieri regionali, per il tramite degli avvocati, hanno sempre sostenuto la propria innocenza appellandosi al fatto che, per regolamento interno, non era prevista una rendicontazione sull’utilizzo dei fondi. Quella delibera, datata 1993 (il presidente dell’Aula era Mariolino Floris, condannato oggi a quattro anni e sei mesi), è stato considerato la “madre di tutti i peculati“. Ieri l’ultimo atto della prima inchiesta con tre diversi processi: su venti imputati, sedici sono stati condannati, tre gli assolti mentre un consigliere regionale è deceduto.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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