Fondi ai gruppi, il Pm: “Il Consiglio regionale era un sistema a tenuta stagna”

Il pubblico ministero Marco Cocco ha spiegato in aula la genesi dell’inchiesta partendo dal ruolo di Ornella Piredda, ex funzionaria del gruppo misto.

“Il Consiglio regionale era un sistema a tenuta stagna che non distingueva tra risorse pubbliche e private”. Il pm Marco Cocco lo dice a chiusura della requisitoria con la quale oggi ha chiesto la condanna di tutti i 14 consiglieri regionali a processo per il presunto peculato commesso durante la legislatura 2004-2009 (leggi qui).

Ha parlato per quasi tre ore e mezzo il pubblico ministero che ha concluso questa terza udienza dedicata alla requisitoria riprendendo il filo dell’11 aprile scorso, quando aveva sostenuto che il Consiglio regionale si considerava insindacabile. E proprio tornando sulle ‘abitudini’ diffuse nell’aula di via Roma, il magistrato inquirente ha detto oggi che “i fondi ai gruppi rappresentavano per i consiglieri regionali, cioè gli iniziati, un patrimonio da custodire insieme ai dipendenti assunti senza concorso dai partiti”. Parallelamente fuori dall’Assemblea “la materia era esoterica”, cioè sconosciuta alla gran parte dei cittadini.

Tuttavia, stando sempre alla lettura del pm, le buone pratiche di tutti sarebbero state possibili, “come dimostrato dalle condotte di Paolo Maninchedda, Pietro Pittalis e Peppino Balia“, anche loro consiglieri regionali in quella legislatura, ma usciti ‘puliti’ dall’inchiesta: per tutti e tre è arrivata l’archiviazione, così come è successo a Renato Lai.

Il magistrato inquirente ha di nuovo tirato in ballo la delibera 293, approvata dall’assemblea sarda nel ’93 quando il presidente era Mariolino Floris: Sardinia Post ha ribattezzato quel documento “la madre di tutti i peculati” a indicare il fatto che i consiglieri regionali inquisiti si sono sempre difesi sostenendo che la rendicontazione delle spese non era obbligatoria per via di quel regolamento. Una posizione, questa, che il pm ha rispedito al mittente in ogni occasione sostenendo l’esistenza di norme sovraordinate a tutela dell’utilizzo delle risorse pubbliche.

Il tema è stato affrontato anche oggi dal pubblico ministero che ha spiegato: “Il sistema impermeabile del Consiglio regionale si reggeva anche grazie ai dipendenti dei gruppi, assunti senza concorso, compiacenti e fedeli, i quali si garantivano il rinnovo dei successivi contratti tacendo sulle pratiche diffuse e coprivano con una cortina di pudore questo loro privilegio di sentirsi vicini al potere. Cito il caso di Angelo Sanna che non solo poteva contare su uno stipendio dignitoso, ma integrava la sua busta paga con ulteriori introiti provenienti dai fondi ai gruppi”. Sanna è ugualmente indagato per peculato.

Ornella Piredda
Ornella Piredda, la super teste dei fondi ai gruppi

“A questo sistema – ha proseguito il pm – si è ribellata Ornella Piredda“, la super teste del processo, ex funzionaria del gruppo misto “punita col mobbing per aver osato chiedere la rendicontazione dei fondi ai gruppi. Veniva considerata un batterio killer per il sistema, un granellino di sabbia che avrebbe potuto far inceppare gli ingranaggi.   Le testimonianze della Piredda – ha continuato il magistrato inquirente – basterebbero da sole per dimostrare il peculato. Ma siccome questo non è il processo all’ex dipendente dei gruppi, nella fase dibattimentale si sono aggiunte centinaia di prove. Non solo: come dimostrano le relazioni dei medici Pintor e Toccafondi, la Piredda ha pagato duramente la sua denuncia, presentata malgrado l’esito giudiziario fosse incerto”. Il pm ricorda infatti “il paventato conflitto di attribuzione sollevato dallo stesso Consiglio regionale quando la Procura chiese la documentazione al Palazzo”.

Nell’ultimo passeggio della requisitoria il pubblico ministero ha accennato a quella udienza a porte chiuse nella quale “si tentò di screditare la Piredda tirando fuori un fatto accaduto diversi anni prima tra la teste e l’allora capogruppo di Rifondazione Luigi Cogodi. Io mi auguro – ha concluso il pm – che episodi simili non si ripetano più”.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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