Expo e maialetti. Il veterinario Sarria: “Dal ’79 è vietato esportare i suini”

Eccola qua la guida alla peste suina, ovvero la malattia che al momento ha fatto escludere i maialetti sardi dall’Expo 2015.

Eccola qua la guida alla peste suina, ovvero la malattia che al momento ha tolto ai maialetti sardi l’onore di essere inseriti nella lista degli alimenti ammessi all’Expo 2015. Tanto che sui social l’esclusione viene vissuta come un affronto, sino a convertirsi in battaglia popolar-sovranista. Con una sola domanda: “Perché vermi e coccodrilli sì e i maialetti no?”. Lo spiega Andrea Sarria, presidente dell’Ordine dei veterinari Nord Sardegna.

Dottore, per restare nel mondo animale: all’Expo hanno preso un granchio?

Affatto. La Sardegna, insieme alla Russia e a un paese dell’ex Jugoslavia, è una delle ultime roccaforti mondiali della peste suina. All’Expo, giustamente, non si assumono il rischio di scatenare una nuova epidemia.

In Sardegna a quando risale il primo caso di peste suina?

Al 16 marzo ’78, il giorno in cui venne rapito Aldo Moro.

Chi se ne accorse?

Il servizio veterinario della Asl di Cagliari, dopo un controllo in un’azienda della zona, i cui maiali erano stati alimentati con scarti di carne suina arrivati all’aeroporto di Elmas dal Portogallo.

Quando scattò il blocco della movimentazione della carne suina?

Il 19 marzo ’79, con la firma della prima ordinanza ministeriale.

Da allora non ci sono mai state deroghe sulle esportazioni di maiali nostrani?

Mai. Dalla Sardegna possono uscire sono i maiali non sardi che nell’Isola vengono unicamente lavorati.

Eppure, a leggere i commenti sui social, sembra che la mancata esportazione sia una volontà dell’Expo.

Di peste suina se ne parla ogni giorno, e non da oggi. Ma la reazione dei cittadini dimostra tutta la debolezza dell’informazione che ruota intorno alla malattia, presente appunto da 37 anni.

Anche i politici non nascondono l’indignazione per il verdetto Expo e stanno invitando il ministro Lorenzin a ripensarci.

È da ipocriti. È un fatto di responsabilità non essere presenti a Milano coi maialetti, seppure il prodotto sia celeberrimo.

C’è però la possibilità che si superi l’impasse termizzando i suini a 80 gradi. Che procedura è?

Si tratta semplicemente di una precottura, in modo da inattivare il virus. Lo stesso effetto si ottiene con una stagionatura di almeno sei mesi.

Ci sono i tempi per termizzare i maialetti e portarli finalmente a Milano?

Esistono anche scorte di maialetti termizzati, se per quello. Ovviamente serve il via libera dal ministero per ottenere la deroga alla legge che vieta totalmente la movimentazione.

In Sardegna ci sono stabilimenti che garantiscono la precottura dei maialetti?

Sì, ce n’è più di uno. Agli stabilimenti, che sono certificati e autorizzati dall’Ue, competono tutti i controlli, a cominciare dalle verifiche sulla provenienza delle carni, oltre che gli esami clinico-sanitari. Le analisi si estendono poi all’intero processo di macellazione e lavorazione.

Qual è la provincia isolana più a rischio, in fatto di peste suina?

Quella di Nuoro, ma anche l’Ogliastra.

Nelle altre?

Tutti i focolai, finora, sono stati finora circoscritti senza problemi.

Il Nuorese e l’Ogliastra cos’hanno di diverso?

Un problema culturale, prima di tutto: lì ancora esistono allevamenti illegali. Il ragionamento nudo e crudo è questo: ci sono persone che non rinunciano ad avere in campagna o in montagna una scrofa. E poco importa che sia infetta o portatrice sana: di certo non la abbattono, e men che meno la denunciano nemmeno al servizio veterinario. Ma quando i maialetti sani dei vicini allevamenti entrano in contatto coi suini clandestini, magari nella stagione dell’accoppiamento, la peste suina è contagiata.

Come avviene il contagio?

Per via oronasale, attraverso le secrezioni, o per accoppiamento. Considerando poi che in Sardegna l’inseminazione artificiale tra maiali viene praticata, i rischi sono ancora più alti. A questo si aggiungono modalità di allevamento non sempre corrette: per esempio, con l’obiettivo di rinnovare il patrimonio genetico, i verri, ovvero i maiali maschi, vengono spostati da una provincia all’altra. E non sempre ciò avviene nel rispetto dei dovuti controlli. La terza via di contagio sono gli artropodi (le zecche).

Quando in Regione hanno costituito l’unità di crisi tra gli assessorati all’Agricoltura, alla Sanità e all’Ambiente, hanno parlato di difficile eradicazione per via dei pascoli bradi.

In Sardegna il pascolo brado è vietato. Il Corpo forestale ha l’obbligo di abbattere senza indugio, recita espressamente la norma, i maiali privi di marchiatura, ovvero non identificati né identificabili.

Allora cosa c’entra il pascolo brado?

È il solito politichese, la rinuncia a chiamare le cose col proprio nome: in Sardegna esistono allevamenti illegali, da cui, come detto, dipende fortemente la mancata eradicazione della peste suina.

È quindi colpa della politica se la peste suina è mai stata debellata?

Certo: evidente che a mancare sia stata la volontà politica. Dopo 37 anni di diffusione della malattia, si sa dove andare a cercarla, se solo si volesse.

Seicento milioni spesi: dove sono finiti?

Nei piani di eradicamento che si sono susseguiti dal ’78 a oggi. Ma in nessuno è mai stata prevista la repressione dura, l’unica strada per raggiungere l’obiettivo. Ripeto: ci sono soprattutto ragioni socio-culturali alla base della rinuncia.

Parrebbe pure che i sussidi per gli allevatori fossero cospicui. A quanto ammontano?

Il prezzo del maiale varia ogni settimana, il riferimento sono gli allevamenti di Modena, anche per calcolare gli indennizzi. Bisogna consultare il bollettino Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare). Il costo varia comunque a seconda del sesso e dell’età. Ci sono lattonzoli, magroni, verretti (o scrofette) e verri (o scrofe).

Quei 600 milioni sono stati un vantaggio anche per i veterinari?

Questa è una fesseria. Come quando si dice che tutti i politici rubano. Non un solo veterinario è stato mai indagato in Sardegna.

Che sintomi dà la peste suina?

Febbre e barcollamento. Ma si può arrivare anche alla morte.

La peste suina è contagiosa per l’uomo?

Assolutamento no. E questo ci salva, visti i 37 anni di emergenza. Ma il virsu non è contagioso nemmeno per gli altri animali, si tratta di una malattia circoscritta ai soli suini.

Nella unità di crisi messa su dalla Giunta è stato ingaggiato il veterinario spagnolo José Manuel Sanchez Vizcaino: suo il merito di aver eradicato la peste suina nella penisola iberica. Mossa vincente?

Io dico che non ce n’era bisogno, sebbene Vizcaino sia un professionista di indubbia autorevolezza. Ma la realtà territoriale e produttiva della Spagna è molto diversa rispetto a quella sarda.

Quali sono le differenze?

In Spagna il 90 per cento degli allevamenti è stabulato. Si tratta cioè di produzioni intensive, chiuse. Da noi il 90 per cento è semibrado. Vuol dire che i maiali sono liberi di muoversi in spazi grandi fino a tre ettari, come prevede la normativa vigente. Con queste misure vien da sé che i rischi di contagio siano ben più elevati, perché sono maggiori le possibilità di un mancato controllo degli animali e quindi di un loro contatto con altri suini infetti, cinghiali compresi.

Tra i cinghiali è molto diffusa la malattia?

Dipende dalla provincia. Nel Nuorese e in Ogliastra è più alta rispetto al resto dell’Isola. Nel Sassarese, per esempio, è molto bassa, pari all’1 per cento. Le verifiche sono state fatte grazie alla disponibilità delle compagnie di caccia che hanno permesso di prelevare campioni di sangue dai cinghiali abbattuti.

Chi finirà per aver ragione: l’Expo o i sardi?

Con la termizzazione il sogno dei maialetti all’Expo potrebbe essere raggiunto.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

Leggi anche: Expo e maialetti, i senatori del Pd: “Si portino precotti, la Lorenzin dia l’ok

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share