Non si placano a Sassari le polemiche legate alla gestione dell’emergenza prodotta dal contagio da Ebola di cui è stato vittima l’infermiere sassarese che ha operato come volontario per Emergency in Sierra Leone. Oggi, a distanza di 11 giorni dal suo ricovero, sono iniziate le operazioni di decontaminazione dell’appartamento dei suoi familiari, dove è stato ospite al rientro dalla missione. Il fatto ha mandato su tutte le furie gli altri coinquilini. “Non sapevamo che il giovane fosse stato in questo palazzo, nessuno ci ha avvisato di niente, abbiamo appreso tutto dalla comunicazione relativa alle operazioni di oggi”, denuncia una donna che per lavoro è entrata in contatto con moltissime persone. “Ma non sono in grado di dire se in quei giorni ho avuto contatti con il malato – aggiunge – o con gli spazi comuni in cui è sicuramente transitato, come l’ascensore o l’androne”. La donna non conosce l’infermiere e la sua famiglia, ma sa che “siamo 15 famiglie, e ci sono anziani, bambini, persone che seguono delicate terapie mediche e altre con difese immunitarie bassissime”, accusa. Eppure “per 11 giorni nessuno ci ha detto niente – insiste – e non abbiamo idea di come dovremmo comportarci neanche oggi, nel corso delle operazioni di decontaminazione”. I familiari dell’infermiere sarebbero stati trasferiti per il periodo di autoisolamento, “e noi invece siamo stati lasciati qui, senza alcuna informazione – conclude – e dopo tutto questo tempo apprendiamo che nel palazzo era necessaria un’operazione di bonifica, questo è assurdo”.
Foto Ansa
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