Dipendenti Igea in Arbam, la Consulta dice no: “Norma illegittima”

Il passaggio diretto dei dipendenti Igea nell’organico dell’Arbam è illegittimo, perché viola i principi costituzionali sull’accesso al pubblico impiego mediante concorso. Così ha deciso la Corte Costituzionale – presidente Alessandro Criscuolo – con sentenza emessa il 26 gennaio scorso e appena resa nota. Il pronunciamento arriva dopo la decisione del governo di impugnare la norma, contenuta nella legge 4 del 15 gennaio 2014, uno degli ultimi atti approvati sotto la legislatura dell’ex presidente Ugo Cappellacci. Come si evince dal dispositivo, la Regione – nel frattempo passata al centrosinistra – non si era costituita in giudizio, probabilmente perché l’attuale compagine di governo subodorava l’illegittimità sostanziale della norma.

Secondo la legge varata un anno fa dal consiglio regionale, il personale di Igea sarebbe dovuto transitare in via diretta nel nuovo soggetto pubblico, l’Arbam appunto, vale a dire l’Agenzia regionale per la bonifica e l’esercizio delle attività residuali delle aree minerarie. Contestualmente, l’articolo 15 della legge cancellava Igea. A marzo però il governo nazionale aveva impugnato la norma, sostenendo che il passaggio dei dipendenti da Igea al nuovo soggetto andava contro le norme costituzionali sull’accesso al pubblico impiego. Inoltre, secondo la Presidenza del Consiglio dei ministri, il provvedimento inciderebbe anche sull’istituto della mobilità, la cui disciplina è riservata alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.

La Corte Costituzionale ha sostanzialmente accolto tutte le contestazioni del governo, ricordando appunto che “il trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale si risolve in un privilegio indebito per i soggetti beneficiari di un siffatto meccanismo” e, in subordine, che “la necessità di risorse umane da parte dell’Arbam, derivante dall’assunzione di funzioni della soppressa società in house, non costituisce valido motivo per disattendere il principio del concorso pubblico”. Da qui la decisione di dichiarare “l’illegittimità costituzionale” della norma.

P. S.

 

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