Chiude il Cara di Elmas, iniziato il trasferimento dei 180 profughi

È iniziato questa mattina il trasferimento degli oltre 180 profughi ospiti del Centro di prima accoglienza, Cara, di Elmas che a fine mese chiuderà i battenti. Le operazioni, coordinate dalla Prefettura, hanno visto il coinvolgimento della società che gestisce la struttura e dalla polizia, in particolare dagli agenti dell’ufficio stranieri. Oggi sono stati trasferiti 28 migranti, tutti richiedenti asilo. A bordo di un furgoncino a gruppi di cinque-sei, sono stati fatti uscire dal centro e portati in altre strutture di accoglienza, alcuni a Quartu, altri a Capoterra. Le operazioni si sono concluse poco dopo le 14. “Il trasferimento sarà diluito nel corso di tutto il mese – fanno sapere dalla Prefettura – quando tutta l’operazione sarà conclusa”. La gran parte dei migranti sarà trasferita entro il 16 dicembre. Da quanto si è appreso, i 28 trasferiti questa mattina hanno accolto con entusiasmo lo spostamento in altre località, dove avranno più libertà di movimento.

La chiusura del Cara di Elmas arriva dopo anni di polemiche per la sua posizione, a ridosso dell’aeroporto. In più di una occasione i migranti erano usciti dal centro e avevano invaso anche le piste dello scalo, innescando ritardi nei voli e disagi ai passeggeri. Lo stesso ex questore di Cagliari, Filippo Dispenza, era intervenuto sul tema segnalando quanto fosse importante trasferire al più presto la struttura. Si era pensato alla scuola di polizia penitenziaria di Monastir, ma dopo le proteste dei sindacati tutto è stato congelato. E ora tra i problemi c’è quello dei dipendenti del consorzio di cooperative “Casa della solidarietà” che gestirà fino a fine dicembre il Cara di Elmas. “Ci sono più di quaranta operatori sardi a rischio – dice il segretario regionale della Funzione pubblica Cgil Giorgio Pintus impegnato nella vertenza insieme alla Cisl Fisascat – Stamattina abbiamo incontrato la direzione del Cara di Elmas che ha prospettato la disponibilità del consorzio a utilizzare i lavoratori nei propri servizi di Roma e del Lazio”. “Noi pensiamo che queste persone – sottolinea il sindacalista – posseggano un bagaglio di competenze ed esperienze che non deve essere disperso e chiediamo alla Prefettura di costruire le condizioni affinché possano continuare ad operare nel nostro territorio. Non abbiamo bisogno di aggiungere ‘migranti sardi’ agli immigrati che arrivano dai Paesi in guerra e che chiedono da noi protezione e asilo”.

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