“I campi avvelenati dalla Saras”

Crescono le richieste di risarcimento da parte di agricoltori e allevatori confinanti con la raffineria. Interpellanza di Claudia Zuncheddu a Cappellacci

Un’intera area agricola compromessa dalla Saras e dall’esposizione ad agenti inquinanti. Con effetti disastrosi e danni incalcolabili per i coltivatori e gli allevatori – che non a caso stanno presentando sempre nuove richieste di risarcimento – e per l’immagine di prodotti che un tempo costituivano l’eccellenza del settore ortofrutticolo isolano: “Basti pensare al caso dei rinomati pomodori di Pula, che da prodotto ortofrutticolo sardo per eccellenza, sono ormai stati etichettati anche oltre Tirreno come “pomodori all’arsenico”.

Lo afferma in un’interpellanza alla Regione la consigliera regionale di Sardigna Libera Claudia Zuncheddu la quale sottolinea che “diversi produttori locali si sono rivolti a esperti, anche oltre mare, per analizzare il suolo e l’acqua in tali aree: dai campionamenti effettuati emergono concentrazioni di metalli pesanti eccedenti i “valori soglia” consentiti dalla legge”.

È il caso – segnalato da Sardinia Post nel maggio scorso – di Liliana Mura e di suo figlio Carlo Romanino, titolari di un’azienda agricola avviata nel 1980 nei pressi della recinzione della raffineria e “uccisa” dall’inquinamento. I Romanino hanno avviato un’azione civile chiedendo un risarcimento da tre milioni di euro. La Saras, attraverso i suoi legali, ha reagito chiedendo a sua volta la condanna degli imprenditori agricoli per “lite temeraria” e negando che fosse provato il rapporto causa-effetto tra le condizioni dell’azienda agricola e l’attività della raffineria.

Di certo i Romanino hanno affidato a dei tecnici il compito di analizzare i loro prodotti che sono risultati contaminati da antimonio, mercurio, piombo, arsenico, nichel e vanadio. Questa, secondo la Zuncheddu, è la condizione di molte altre aziende della zona attorno alla raffineria. “L’analisi delle polveri di ricaduta – scrive nell’interpellanza – ha evidenziato elevate concentrazioni di antimonio (753,3 mg/kg), arsenico (113,6 mg/kg); nichel (178,3 mg/kg); rame (152,4 mg/kg); vanadio (247,8 mg/kg); piombo (52.777 mg/kg); zinco (15.805 mg/kg). E l’analisi del campione d’acqua ha evidenziato elevate concentrazioni di alluminio (1.017,0 µg/l) e piombo (11,3 µg/l). Tali concentrazioni – conclude – sono palesemente superiori alla soglie critiche, e sono presumibilmente riconducibili all’attività industriale della Saras, visto che nell’area di Sarroch non sono presenti altre attività antropiche anomale e industriali”.

Ma cosa ha fatto la Regione? La Zuncheddu chiede al presidente Ugo Cappellacci e agli assessori competenti “se abbiano provveduto a farsi portavoce presso la Saras per le azioni risarcitorie e risolutive dei danni causati sui beni mobili e immobili dei produttori locali e quale sia la posizione della Regione sul mancato rispetto dei valori soglia stabiliti dalla normativa vigente in materia di inquinamento ambientale, nonché di sicurezza e salute pubblica”.

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