Camorra in Sardegna, il Gip: “Per albergo 400mila euro dei Casalesi”

“La Tu.Ri.Cost. fu acquistata per un milione e trenta mila euro di cui 411.910 di origine delittuosa”. Lo scrive il gip Giuseppe Pintori nel decreto che ha portato al sequestro di beni per oltre venti milioni di euro nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio del denaro della camorra in Sardegna che ha fatto finire nel registro degli indagati i nomi di 17 persone tra i quali spiccano quello dell’europarlamentare di Fi, Salvatore Cicu, dell’ex sindaco e di un attuale consigliere comunale di Sestu, rispettivamente Luciano Taccori e Paolo Cau (Forza Italia) e quello del consigliere regionale campano Luciano Passariello (Fratelli d’Italia). Nel decreto il gip – come riportato oggi dall’Unione Sarda – ricostruisce tutte le fasi della vicenda dalla nascita a della società strada alla vendita ai clan dei Casalesi e D’Alessandro.

“Cicu e Taccori – scrive il gip – ritennero di non apparire formalmente nella compagine sociale ma avevano preferito agire da soci occulti, ciascuno per la quota di un terzo, e pertanto conferirono mandato fiduciario a Cau”. Pintori si sofferma poi sull’arrivo in Sardegna dei 400 mila euro in contanti poi finiti, secondo gli inquirenti, in una cassetta di sicurezza che sarebbe stata aperta dall’ex governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, che proprio per spiegare questo elemento fu chiamato in Procura. Nel decreto il gip Pintori si sofferma su quanto dichiarato dall’ex presidente della Regione che avrebbe detto che in quella cassetta doveva essere custodita “una scrittura privata che regolava i rapporti tra le parti, ma il documento non fu mai consegnato”. E Pintori aggiunge: “La versione del Cappellacci appare del tutto incongrua, in quanto non appare certo indispensabile custodire in una cassetta di sicurezza un esemplare unico di scrittura privata. In realtà più verosimile si ritiene la destinazione della cassetta fosse quella di depositarvi denaro contante che non poteva esser né custodito a casa per evidenti motivi di sicurezza, né versato in banca perché avrebbe significato violare in modo palese la normativa antiriciclaggio rendendo palese la natura illecita dell’operazione”.

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