Cagliari e La Maddalena “Porti nucleari”. «Ma il piano d’emergenza?»

I porti sardi di Cagliari e de La Maddalena sono sempre lì: classificati tra quelli che possono accogliere navi militari a propulsione nucleare. Ma ancora non esiste un piano d’emergenza, un obbligo formale – e necessario sul da farsi in caso di eventuali rischi di incidente. Il quesito, tuttora senza risposta, è rilanciato in una nota dalle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra che hanno inoltrato pochi giorni fa una specifica richiesta di informazioni ambientali riguardo la pubblicizzazione.

Gli ambientalisti rilanciano una battaglia, passata sotto silenzio e che vanta un’anzianità di oltre dieci anni. Secondo le norme citate dal Grig, tra cui le direttive europee Euratom, esiste un obbligo da parte dello Stato di  provvedere alla tutela degli abitanti potenzialmente esposti al rischio, proprio attraverso lo strumento dei piani di emergenza. In particolare è determinante, e sempre obbligatoria, un’opportuna campagna di informazione. Non solo le informazioni devono essere accessibili ai cittadini ma addirittura dovrebbero essere fornite senza alcuna richiesta. Con un aggiornamento – sulle misure di protezione sanitaria, sui comportamenti da adottare – regolare e costante nel tempo sia verso la popolazione, sia verso referenti istituzionali: la presidenza del Consiglio dei ministri e il Dipartimento di Protezione civile. Nulla di tutto questo finora, denuncia ancora una volta il Grig.

Il responsabile del procedimento è il rappresentante del governo sul territorio, ossia il prefetto. Il quale si appoggia a un comitato appositamente creato: composto da rappresentanti delle Forze dell’ordine, dei Vigili del Fuoco, del Servizio sanitario nazionale, del Genio civile, dell’Esercito, della Marina, dell’A.P.A.T., della Regione interessata e degli Enti locali.

Le tappe della battaglia. Le prime mosse risalgono appunto al marzo 2005 infatti quando il Grig presentò la prima istanza sul tema. E ottenne alcune risposte, ritenute evasive. In particolare allora il prefetto di Cagliari aveva reso noto che non esisteva alcun obbligo di avere un piano di emergenza perché il porto cittadino “non sarebbe stato più compreso nell’elenco nazionale”. Così scriveva: “la Marina Militare – Comando Militare Marittimo Autonomo in Sardegna – Ufficio Operazioni/Difesa, in base alle indicazioni dello Stato Maggiore, ha comunicato che non sussiste alcuna necessità di pianificazione di emergenza relativa a navi a propulsione nucleare e della conseguente comunicazione della medesima alla popolazione.  Questo in quanto la rada di Cagliari non sarà più compresa nell’elenco dei punti di approdo nazionali impiegabili per la possibile sosta di unità a propulsione nucleare”. 

Diverso il caso del prefetto di Sassari, sotto il cui territorio ricadeva l’arcipelago della Maddalena, utilizzato fino al 2008 come base americana: tra Santo Stefano e La Maddalena transitavano abitualmente i sottomarini a propulsione nucleare. In questo caso il piano di emergenza era stato predisposto, dopo lungo lavoro, discusso a porte chiuse nel Comune de La Maddalena (interessati anche Palau, Santa Teresa di Gallura e Arzachena) ma poi di fatto ritenuto “inadeguato” e “inapplicabile” da parte dello stesso ente. Insomma, come non averlo.

E ora? Che succede? La risposta ancora si attende e le due associazioni rilanciano la battaglia in nome della trasparenza proprio nel momento in cui in Sardegna Regione e comitati sono sul piede di guerra per via della possibile candidatura come sede del deposito nazionale delle scorie nucleari. In particolare quindi il Grig e Amici della Terra chiedono che “quanto prima si faccia chiarezza sull’attuale disponibilità o meno dei porti di Cagliari e La Maddalena alla sosta di mezzi navali a propulsione nucleare, sull’esistenza e operatività di piani di emergenza e sulle necessarie campagne di informazione della popolazione interessata”.

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