Bracconaggio, ogni anno uccisi 125mila uccelli nel Sulcis

L’associazione ambientalista internazionale Birdlife International ha realizzato un report sul bracconaggio ai danni dell’avifauna selvatica nel Mediterraneo. Sarà presentato ufficialmente a breve, ma alcuni dati sono stati forniti recentemente e riportati in una nota di Stefano Deliperi del Gruppo d’intervento giuridico: la stima è di 25 milioni di uccelli uccisi dal bracconaggio ogni anno.

Il Sulcis, in Sardegna, è la zona in Italia dove il bracconaggio ai danni dell’avifauna selvatica colpisce di più: 125 mila uccelli uccisi, soprattutto da varie tipologie di trappole.

Alcuni passaggi del rapporto C.A.B.S.. Innanzitutto, “i reati venatori sono compiuti per il 78% da cacciatori, ovvero persone in possesso di licenza di caccia o che l’hanno avuta in un recente passato”. Inoltre, “coerentemente con quanto rilevato precedentemente, il 78% dei reati venatori vengono commessi e scoperti durante la stagione di caccia, mentre solo il 22% nel periodo che va da febbraio ad agosto inclusi. Nei tre mesi di massima migrazione degli uccelli fra settembre e novembre sono stati perpetrati e riscontrati il 58% di tutti i reati commessi nel corso dei 12 mesi, a dimostrazione del fatto che il bracconaggio in Italia sia ancora legato all’uccellagione, ovvero si sviluppi quando si ha l’opportunità di catturare o abbattere numerose quantità di uccelli”.

Ancora: “I reati venatori si distribuiscono su praticamente tutto il territorio nazionale con 93 province interessate su 110. La provincia di Brescia si attesta ancora una volta come il principale territorio di bracconaggio italiano con ben il 12% di tutti i casi commessi e riscontrati in Italia”. In Provincia di Cagliari (Capoterra, Assemini, ecc.) è stato riscontrato il 4% dei reati, mentre “conseguentemente le regioni che si guadagnano la maglia nera del bracconaggio – ma allo stesso tempo la maglia bianca del più alto tasso di reati scoperti – sono la Campania (18%), la Lombardia (16%), la Calabria (11%), la Sicilia (10%), la Puglia (8%), la Toscana (7%) e la Sardegna (6%)”.

“Il fatto che in Sardegna e in Friuli Venezia-Giulia vi sia un maggior numero di bracconieri senza licenza di caccia rispetto a quelli provvisti di licenza di caccia sembra voler indicare un maggior numero di “bracconieri professionisti”, sottolinea Grig, “nonché bracconieri a cui – per la recidività del reato – sia stata revocata la licenza di caccia”.

In Sardegna l’attività repressiva del bracconaggio è svolta soprattutto dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale e dai Carabinieri. La Lega per l’Abolizione della Caccia (L.A.C.), supportata dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus, svolge annualmente una campagna anti-bracconaggio (nel 2014 per la diciottesima volta) con l’obiettivo di bonificare quanti più boschi e zone di macchia mediterranea dalle micidiali trappole posizionate dai bracconieri e aiutare la costante attività nel settore del Corpo forestale e di vigilanza ambientale e delle altre Forze di polizia. Altre associazioni ambientaliste (L.I.P.U., C.A.B.S.) svolgono analoghe attività.

L’area costantemente battuta (boschi e nelle macchie mediterranee di Capoterra, Uta, Assemini, Santadi, Sarroch, in particolare nelle zone di Gutturu Mannu, Monti Mannu, S’Arcu de su Schisorgiu, Poggio dei Pini, Rio S. Girolamo, Santa Barbara, Monte Arcosu) è quella a maggiore densità di trappole. Inoltre vengono controllati i mercati cagliaritani di San Benedetto e di Via Quirra, per verificare la presenza di vendita abusiva di avifauna proveniente da attività illecite, un tempo non lontano fiorente.

Le stime comprendenti le trappole eliminate e le osservazioni dirette indicano una lenta, ma costante diminuzione del fenomeno illecito del bracconaggio nel Cagliaritano.

Il bracconaggio è un’attività illegale e distruttiva del patrimonio ambientale (si stimano un centinaio di bracconieri “fissi” più circa duecento “occasionali” nella sola Capoterra). Il giro di affari è di sensibili dimensioni: basti pensare che una sola griva (spiedo di 8 tordi, de pillonis de tàccula) costa al mercato illegale un centinaio di euro al dettaglio. “Tuttavia fra i principali “fruitori” finali del bracconaggio sembrano proprio essere alcuni noti ristoranti del Cagliaritano nei confronti dei quali appaiono necessarie ispezioni senza preavviso da parte delle Forze dell’ordine”, scrive ancora Grig.

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