Biotestamento, il dirigente medico Ats: “La libertà di cura è un fatto di dignità”

“Non chiamiamola legge sul fine vita: è una legge sulla cura e sulla dignità di ogni persona”. Una premessa doversosa per Giuseppe Frau, direttore dei servizi socio sanitari della Ats Sardegna, che ha curato personalmente le linee guida per la legge 219 del 2017 sul consenso informato e le dichiarazioni anticipate sui trattamenti sanitari. Un documento innovativo, quello uscito dagli uffici dell’Azienda per la tutela della salute sarda poche settimane fa: in primis perché l’azienda della Regione Sardegna è stata la prima ad approvare le regole per mettere in atto la legge, ma soprattutto perché il percorso per l’autodeterminazione delle persone nella malattia è un iter che in Sardegna era già avviato da tempo. Lo dimostra, tra gli altri, il caso di Walter Piludu, il politico sardo e storico militante del Pci colpito dalla sla e scomparso nel novembre 2016: per la prima volta in Italia i giudici di un tribunale hanno accolto l’appello di un malato che si opponeva alle terapie affidando al personale sanitario il compito di studiare un protocollo corretto per staccare le macchine.

Quell’esperienza, oggi, è messa nero su bianco e fa parte delle linee di indirizzo della Ats Sardegna per la “Disciplina del consenso informato ai trattamenti e di disposizioni anticipate di trattamento per l’autodeterminazione delle persone”, approvate con delibera dal direttore generale dell’Ats Fulvio Moirano lo scorso 14 marzo. Il documento, in 7 punti, è un primo passo che porterà a rivoluzionare il rapporto tra medici e pazienti e darà un ruolo attivo a questi ultimi nel percorso della malattia. I prossimi passi saranno la formazione degli operatori sanitari in Sardegna, la divulgazione al mondo scientifico e alla cittadinanza, la costituzione di un elenco con le disposizioni anticipate di trattamento che ciascuno potrà stabilire per sé.

“La legge approvata dal Parlamento italiano lo scorso dicembre è definita semplicisticamente ‘sul fine vita’ – sottolinea Giuseppe Frau nei suoi uffici di via Piero della Francesca, a Cagliari – Credo sia un’espressione leggera e superficiale: questo provvedimento cambia completamente la prospettiva sui trattamenti sanitari. La legge parte da un concetto molto forte, già riconosciuto dalla nostra Costituzione e dalla Carta dei diritti dell’Unione europea, il diritto alla libertà di cura. Per troppo tempo noi medici abbiamo creduto di poter salvare tutti anche accanendoci con trattamenti terapeutici. La morte fa parte della vita e non deve essere un tabù, ed è giusto oggi riportarci a un ruolo corretto nel rapporto con i pazienti accettando il fatto che in alcuni casi non è la persona che abbandona la vita ma semmai il contrario. Con questa nuova prospettiva chiunque affronti una malattia, una volta informato correttamente, potrà decidere su come proseguire il suo percorso di cura. Così come rispettiamo il diritto alla vita, rispettiamo anche la persona umana e il suo desiderio di non soffrire”.

Le linee guida alla legge 219 riguarderanno tutte le strutture sanitarie dell’Ats, anche private accreditate e convenzionate; tutto il personale sanitario è tenuto a rispettarle e non è prevista l’obiezione di coscienza. Uno dei punti che hanno finora generato più contrasti è il riconoscimento del diritto di ogni paziente al rifiuto delle terapie. Non solo respiratori artificiali e macchine ma anche nutrizione e idratazione artificiale, considerati per la prima volta dalla legge come trattamenti sanitari: con questa importante precisazione non potranno più verificarsi casi come quello di Eluana Englaro, la giovane che, dopo un incidente stradale, ha vissuto in stato vegetativo con alimentazione forzata fino a quando nel 2009 il Tribunale di Milano ha deciso per l’interruzione del trattamento.

Novità importanti, inoltre, sono il consenso libero e informato e le Dat, o disposizioni anticipate di trattamento: il primo viene acquisito dal personale sanitario prima di un percorso di cura; le Dat sono invece le disposizioni che chiunque può stabilire per sé in qualunque momento della propria vita in previsione di una futura incapacità di autodeterminarsi. Non esiste un documento precompilato, ma ciascuno potrà scrivere liberamente cosa desidera per sé nel caso di incidente o malattia; il documento potrà essere redatto come atto pubblico o scrittura privata autenticata o semplice e potrà essere consegnato, per ora, agli uffici dei Comuni che hanno già previsto il registro delle Dat. Non esiste oggi un registro nazionale per il sistema sanitario, che arriverà solo dopo un accordo tra Stato e Regioni. L’unico motivo per disattendere le disposizioni personali è che siano totalmente incoerenti con la scienza medica e il buonsenso: solo in questo caso potrebbe intervenire un giudice.

La vera novità della sanità sarda rispetto alla legge nazionale è la procedura per l’interruzione di trattamenti di sostegno alle funzioni vitali: “È il protocollo messo a punto per il caso di Walter Piludu: allora il giudice chiese di studiare una procedura che rispettasse le volontà del paziente e gli garantisse di non soffrire. Quell’esperienza, che richiese sei mesi di lavoro, è diventata una parte importante delle nostre linee guida e prevede, tra le altre cose, un’informativa scritta che illustra le fasi della procedura: la presa in carico dell’assistito da parte di specialisti, medici, psicologi, palliativisti e assistenti sociali, l’assunzione formale del consenso informato, la sedazione profonda, il monitoraggio e infine il distacco del respiratore o l’interruzione di altri trattamenti che tengono in vita artificialmente il paziente. Un passaggio decisivo per l’equipe che metterà fine al trattamento è la valutazione delle conoscenze cliniche e umane: un paziente non è solo un individuo malato ma una persona con diritti e volontà che va accompagnata in tutto il percorso. E per questo abbiamo messo per iscritto anche l’uso della sedazione profonda: per evitare inutili sofferenze nel momento in cui la vita sta andando”.

Francesca Mulas

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