Ambiente, più restrizioni per industrie e rigassificatori. Salvo eccezioni

Approderà a giorni sul tavolo del Consiglio dei ministri “l’atto recante le linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione d’impatto ambientale (v.i.a) dei progetti di competenza delle regioni e delle province autonome”. Dopo l’intesa raggiunta lo scorso 18 dicembre nell’ambito della Conferenza Stato-regioni, la conversione in decreto delle nuove norme appare infatti scontata. Al contrario, meno prevedibili appaiono gli effetti innescati dal nuovo atto di governo. Tant’è che l’assessore regionale all’Ambiente, Donatella Spano ha dato mandato “agli uffici dell’Assessorato di valutare le implicazioni dello schema del decreto ministeriale” ancora al vaglio della Commissione Ambiente della Camera. Se, infatti, da una parte le regioni autonome sono chiamate ad adeguare i criteri per l’attivazione delle procedure di screening alle direttive comunitarie (più intransigenti rispetto a quelle italiane), dall’altra viene prevista la possibilità di derogare a tali principi.

In altri termini, i criteri in base ai quali si deciderà se attivare o meno la v.i.a sono sì stringenti (per esempio, d’ora in avanti si terrà conto del cumulo con altre iniziative– le nuove norme contrastano dunque la pratica di suddividere in più parti un unico progetto, mossa questa che in più occasioni ha consentito alle aziende di aggirare le valutazioni ambientali), ma non verranno applicati sempre. Su richiesta delle regioni e delle province autonome, il ministero dell’Ambiente potrà infatti permettere delle eccezioni “per specifiche situazioni ambientali o determinate categorie progettuali, che finiranno così per non essere assoggettate a valutazione d’impatto ambientale”. E per ricevere il via libera. L’altro effetto – non dichiarato – sarà quello di dispensare le regioni dall’onere di prendere delle decisioni non sempre popolari.

Questo per quanto riguarda i progetti di opere civili e industriali. Per gli interventi relativi ad aree più vaste (un’intera regione o aree più limitate di esse), la procedura da seguire per la valutazione degli effetti sull’ambiente si chiama V.a.s. Anche in questo caso esiste una divisione delle competenze tra Stato e regione, solo che la V.a.s  – tanto quella statale quanto quella regionale  – non è necessaria quando gli interventi rientrano nell’ambito di un un piano d’investimenti sottoscritto da azienda e governo. Potrebbe dunque essere questo il caso della centrale a carbone che l’Eurallumina dovrebbe realizzare a Portovesme – all’interno, cioè, di un’area fortemente inquinata – nell’ambito dell’accordo sottoscritto a Palazzo Chigi lo scorso 22 luglio.  In tutto, 100 milioni di euro, 67 dei quali concessi a tasso agevolato da restituire in dieci anni e 7 a fondo perduto.

Sempre nell’ambito della verifica di assoggettabilità a Vas, sono opere di competenza statale i rigassificatori (che potrebbero essere costruiti anche nell’isola), gli impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 Mw (si pensi al quinto gruppo a carbone della centrale di Fiumesanto), i siti per lo stoccaggio di anidride carbonica (è il caso del progetto della Sotacarbo per le miniere della Carbosulcis, ormai naufragato). Insomma, c’è’ tanta Sardegna nelle nuove norme. Buon ultimo il sito per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, su cui oggi interviene Vincenzo Migaleddu, presidente di Isde . Medici per l’ambiente Sardegna: “Nonostante la competenza assolutamente limitata sul deposito delle scorie nucleari, la regione dovrebbe aprire un contenzioso con lo Stato, forte dell’esito del referendum del 2011 e della recente posizione espressa dalla maggioranza dei sindaci dei comuni sardi”.

Dopo i decreti “Destinazione Italia” (che attribuisce allo sfruttamento delle risorse geotermiche il bollino dell’interesse strategico), “Ambiente protetto”(che ha aumentato i livelli d’inquinamento per fabbriche e grandi industrie) e il più noto “Sblocca Italia”, l’ultima mossa che accentra le decisioni riguardanti energia e industria nelle mani dello Stato è di pochi giorni fa. Sono, infatti, in procinto di essere convertite in decreto legge le norme che trasferiscono dalle regioni allo Stato il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) per centrali elettriche la cui potenza termica supera i 100 Mw, bioraffinerie (è il caso della Chimica Verde a Porto Torres o degli impianti che la Mossi&Ghisolfi intende realizzare a Portovesme), cementifici e acciaierie di fusione secondaria, siti di stoccaggio della Co2). Per le grandi raffinerie, così come per i siti di stoccaggio delle scorie nucleari, l’Aia è già statale. In pratica, ovunque è aia di Stato.

Piero Loi

 

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