Alluvione di Capoterra: «Sette anni di nulla». Il sit-in tra paura e rabbia

«Dove sono finiti i 50 milioni di euro stanziati nel 2008 per la messa in sicurezza del territorio? A oggi non sappiamo se ci siano o se siano stati destinati ad altro, nonostante le smentite». Carlo Carcangiu presidente del Movimento “Capoterra: Solidarietà – Pari dignità” fissa nero su bianco la rabbia sua e dei concittadini, vittime dell’alluvione del 22 ottobre 2008

(qui alcune immagini d’archivio scattate tra Poggio dei Pini e Frutti d’Oro nella PHOTOGALLERY  di Roberto Pili)

Sette anni dopo quel giorno che costò la vita a cinque persone, quattro a Capoterra (Licia Zucca, Antonello Porcu, Speranza Sollai e Anna Rita Lepori) e una a Sestu (Mariano Spiga) e provocò danni enormi, nulla o quasi è cambiato.

Gli attivisti denunciano l’immobilismo delle istituzioni e hanno organizzato per questa mattina una protesta davanti al palazzo del Consiglio regionale a Cagliari. Striscioni, volantini, foto per non essere risucchiati nel gorgo dell’oblìo e sollecitare interventi concreti prima di un’altra emergenza: «Ogni volta che piove guardiamo il cielo e speriamo che sia clemente, abbiamo negli occhi il disastro del 2008 e l’incubo di quanto accaduto a Olbia nel giro di nemmeno due anni».

Le strade sono pulite, le case sono state sistemate ma il territorio è tuttora insicuro: «Il fango è solo un ricordo, ci siamo risollevati aiutandoci a vicenda». Dalla politica, solo promesse: tutti colpevoli. L’ultimo in ordine di tempo, il presidente della Regione Francesco Pigliaru: «Il 20 ottobre dell’anno passato nella veste di commissario straordinario si era affrettato a dire d’aver appena firmato l’ordinanza per l’inizio dei lavori di messa in sicurezza del Rio San Girolamo e Masoni Ollastu. Dichiarazione che rispondeva a un nostro comunicato in cui lamentavamo la totale assenza d’interventi. Tuttavia, come è facile verificare, nel corso di quest’ultimo anno – puntualizza il presidente del Movimento – nulla è stato fatto. Non è stato piantato neanche un chiodo e siamo stati storditi dal silenzio di quelle ruspe che, a suo dire, erano già in marcia verso il nostro territorio».

Con un’aggravante rispetto al passato: il blackout nelle comunicazioni. «Per tutti noi il presidente Pigliaru è un fantasma – attacca Carcangiu – non ci ha ricevuti e non ci ha fornito alcun aggiornamento mentre in precedenza, anche se nulla veniva realizzato, almeno eravamo informati sull’iter delle pratiche».

Ma se le grandi opere latitano, le attività ordinarie vanno avanti con la cadenza di un pachiderma. Carcangiu non risparmia critiche nemmeno al sindaco di Capoterra, Francesco Dessì: «In una recente intervista lamentava i tempi lunghi, anche tre mesi, per le autorizzazioni del Genio Civile, necessarie ad avviare la pulizia dei canali ma mi domando come mai si attenda così tanto a stilare un programma se si conoscono le difficoltà a ottenere i permessi».

Intanto si ragiona su altri interventi a suo dire perlomeno discutibili: «La nuova discarica del Cacip e la centrale a biomasse della Powercrop renderanno ancora più precaria la situazione del territorio di Capoterra che continua a essere fragile e lo sarà ancor di più dopo la realizzazione di queste due infrastrutture. Siamo delusi e disgustati, non ci rimane che manifestare nella speranza che qualcuno finalmente ci ascolti anche se a distanza di sette anni».

Giovanni Runchina

GUARDA LA PHOTOGALLERY: Capoterra, i giorni del disastro e delle lacrime

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