Alluvione 2013, il processo va avanti: imputati i sindaci di Olbia e Arzachena

Il processo per la tragica alluvione del 18 novembre 2013 va avanti. Il giudice Gemma Cucca ha respinto tutte le eccezioni della difesa degli imputati per il reato di omicidio colposo plurimo per la morte di 10 persone. Il processo prosegue per i sindaci di Olbia, Gianni Giovannelli e quello di Arzachena, Alberto Ragnedda. “Non hanno avvisato i cittadini del pericolo imminente – ha ribadito il Procuratore capo della Repubblica, Domenico Fiordalisi – non hanno posto in essere tutte quelle attivitá di comunicazione alla popolazione prescritte dopo un avviso di criticità elevata”. La prossima udienza è stata convocata per il primo febbraio 2016, durante la quale verrà ascoltato il comandante dei carabinieri di Olbia all’epoca dei fatti, il tenente colonnello Antonio Fiorillo. I testimoni della difesa sono 165, mentre quelli dell’accusa 95.

Le eccezioni della difesa. Un fascicolo che scompare, le genericità del capo di imputazione e, soprattutto, la presunta incompatibilità del Gup (Giudice per l’udienza preliminare) che nella stessa udienza ha archiviato le posizioni di tre imputati per il reato in concorso, rinviando a giudizio gli altri. Sono state queste le eccezioni della difesa degli imputati per il reato di omicidio colposo plurimo nel processo che vede coinvolti tra gli altri il sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli e quello di Arzachena, Alberto Ragnedda, per la tragica alluvione del 18 novembre 2013 che devastò l’intera Gallura provocando 17 morti.

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L’archiviazione per Cappellacci, Biancareddu e Cicalò. La chiave del processo sembra essere per ora l’archiviazione disposta dal Gup, Vincenzo Cristiano, per l’ex presidente della Regione, Ugo Cappellacci; il capo della Protezione Civile, Giorgio Cicalò e l’allora assessore all’Ambiente, Andrea Biancareddu. In quella stessa udienza sarebbero stati rinviati a giudizio gli imputati Giovannelli e Ragnedda e altri cinque tecnici e dirigenti del Comune di Olbia e della Provincia per le medesime condotte: secondo la difesa il giudice dopo l’archiviazione delle prime tre posizioni si sarebbe dovuto astenere, cosa che invece non fece.. Da ciò la richiesta al tribunale di nullitá dello stesso decreto di rinvio a giudizio.

Il fascicolo scomparso. Un altro punto contestato sarebbe proprio lo smarrimento di parti del fascicolo processuale che conteneva anche lo stesso decreto di archiviazione. Atti andati perduti, che la Procura ha poi ricostruito documentalmente, che hanno sollevato un vespaio di polemiche sulla gestione dei documenti all’interno del tribunale di Tempio. I difensori degli imputati (Nicola Di Benedetto, Lorenzo Soro, Gerolamo Orecchioni, Nicola Satta e Jacopo Merlini) hanno dunque eccepito la mancanza di motivazione per l’archiviazione delle posizioni di Cappellacci, Cicalò e Biancareddu che svolgevano una funzione di controllori, mentre i controllati sarebbero stati rinviati a giudizio per i medesimi reati. Un’altra contestazione ha riguardato la genericità del capo d’imputazione e la mancata indicazione delle funzioni svolte dalla dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Olbia, Gabriella Palermo.

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La replica di Fiordalisi. Il capo della Procura di Tempio, Domenico Fiordalisi, ha replicato in udienza alle eccezioni della difesa degli imputati. “Si contesta il ruolo del Gup nell’udienza preliminare per l’archiviazione ma in quella sede non ne era stata richiesta nè la ricusazione nè l’astensione – ha risposto Fiordalisi – e la questione é stata giá risolta dalla Cassazione con una pronuncia sulle norme che disciplinano la ricusazione e che spiegano come questa non possa mai essere richiesta dopo il rinvio a giudizio”. Durissimo Fiordalisi in merito alle eccezioni sulla genericitá del capo di imputazione. “Parliamo di espressi riferimenti al fatto che con condotta colposa gli imputati non abbiano avvisato la popolazione dopo un’allerta per criticitá elevata – ha detto Fiordalisi – e non hanno ottemperato ai loro obblighi sulla base di comunicazioni scritte che avevano ricevuto circa un pericolo imminente per la popolazione. Insomma non hanno suonato le campane per avvisare i cittadini, più chiaro di così”.

La catena delle responsabilità. I sindaci di Olbia e Arzachena, Gianni Giovannelli e Alberto Ragnedda, sono stati rinviati a giudizio per il reato di omicidio colposo plurimo. Insieme a loro sono andati a processo tre dirigenti del Comune di Olbia e uno della Provincia di Olbia-Tempio. Oltre a quella più grave, le altre accuse sono di violazione delle norme relative all’attivazione delle procedure di emergenza e mancata allerta alla popolazione. Il paradosso di questa vicenda è che le stesse persone, almeno quelle di Olbia, che sono sotto processo, hanno gestito l’alluvione dello scorso ottobre in modo tempestivo e appropriato. E l’ulteriore paradosso è che il comportamento di poco più di un mese fa costituisce forse la dimostrazione più evidente delle colpe (presunte) di due anni fa. Perché non furono adottate le stesse precauzioni? Perché non furono chiuse le scuole? Perché non fu allertata con tutti i mezzi a disposizione la popolazione? Qui sta la chiave del processo e delle responsabilità da accertare.

Evento imprevedibile o colpa delle autorità? I sindaci si difendono dicendo che l’evento era tanto imprevedibile quanto poco tempestiva e coordinata fu l’azione della Protezione civile regionale. Quel lunedì iniziò a piovere dalla mattina e gli avvisi di criticità elevata arrivarono la domenica pomeriggio. Poi la fatidica “bomba d’acqua” che devastò Olbia in poche ore. Il problema è che la catena di comando che da Cagliari portava ad Olbia si è interrotta nella fase processuale. Il presidente della Regione, Ugo Cappellacci e con lui l’assessore all’Ambiente dell’epoca, Andrea Biancareddu e l’allora capo della Protezione civile, Giorgio Cicalò, sono stati prosciolti da tutte le accuse. La tesi della Procura è che la Regione e la Protezione civile abbiano adempiuto ai loro compiti. Dunque quel 18 novembre del 2013 fu il Comune, la sua catena di comando, a non funzionare. Vero? Falso? La verità processuale probabilmente cercherà di stabilire una minima certezza su chi abbia sottovalutato l’evento catastrofico o se tale evento non fosse assolutamente prevedibile in quelle proporzioni e dunque gli apparati di sicurezza del Comune di Olbia siano (incolpevolmente) stati colti alla sprovvista.

Giandomenico Mele

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