Alcoa, domani nuovo vertice a Roma: in partenza 150 operai

Un viaggio verso la Capitale, verso il ministero dello Sviluppo economico (Mise), l’ennesimo di una lunga serie. Gli operai dell’Alcoa tornano a far sentire la propria rabbia e la disperazione per la vertenza della fabbrica di Portovesme produttrice di alluminio ed emblema di un Sulcis in crisi profonda. Da Cagliari partiranno stasera in 150 con tre pullman per arrivare domani mattina nella Capitale.

L’appuntamento è alle 15 davanti all’azienda, dove è stato installato un presidio permanente di protesta, perché da quasi due anni la proprietà tace e i lavoratori sono in cassaintegrazione. Il presidio, formato da gruppo di tende e da una baracca costruita e arredata con materiali di recupero e in parte donati da aziende e privati cittadini , è diventato il simbolo e il ritrovo della lotta degli operai Alcoa che non si vogliono arrendere, vogliono contribuire a salvare la fabbrica che per oltre quattro lustri ha dato da vivere almeno a due generazioni.

L’aria che si respirava ieri sera, alla vigilia della partenza, era carica di tensione e preoccupazione: le discussioni fra gli operai sono state pacate, quasi a voler conservare le energie in vista del viaggio romano. “Non dimentichiamoci che dietro ogni operaio ci sono mogli e figli“, dice Luciano Sireus, ex operaio di fonderia, padre di famiglia anche lui. E anche le donne e i bambini vanno spesse a trovare i loro mariti e padri nelle tende. “La vita da accampati – osserva Elvio Muscas, anche lui ex operaio di fonderia, uno dei più assidui frequentatori del presidio, non è rose e fiori. Perché da una parte c’è la famiglia trascurata e sacrificata, dall’altra c’è l’impegno a custodire questo avamposto, cuore di una lotta che con determinazione vogliamo portare avanti”.

Scene che davanti alla fabbrica di Portovesme si ripetono ogni giorno. Il presidio è questo, è nato per dare un significato alla richiesta di riapertura dell’azienda, una lotta che è diventata permanente 77 giorni fa. Era iniziata spontaneamente, su iniziativa di un gruppetto di operai. Niente bandiere e nemmeno sigle politiche o sindacali. Una battaglia civica. Antonello Meloni, un passato da tecnico di sala di elettrolisi, ripercorre le tappe di Alcoa: “Lo scoglio da superare inizialmente era il costo dell’energia, ora quel problema sembra superato, anche grazie al grande interessamento del presidente Pigliaru che ha impresso una forte accelerazione alla vertenza presso gli ambienti istituzionali governativi. Non sappiamo quale sarà l’esito di tutto questo. Possiamo solo sperare che le trattative si concludano favorevolmente per noi. In ogni caso, qualunque sarà l’esito, questo luogo di lotta e di riflessione rimarrà attivo fino a che non arriveranno risposte positive per i nostri posti di lavoro”.

La riunione al Mise è fissata per domani 23 luglio alle ore 10.30. Parteciperanno la Regione, l’Alcoa, i sindaci del territorio, i sindacati nazionali e regionali e il vice ministro Claudio De Vincenti che dovrà comunicare l’esito delle interlocuzioni con i potenziali compratori. Tanto che ieri il presidente Pigliaru ha partecipato al Mise a un tavolo tecnico con rappresentanti dei due gruppi svizzeri interessati: Klesch e Glencore che è già proprietario della Portovesme srl. La tensione è massima: in casa di una fumata nera, tra una settimana nella fabbrica potrebbero cessare le manutenzioni, perché questo prevedono gli accordi sottoscritti. E allora far ripartire la produzione di alluminio sarà ancora più difficile.

Carlo Martinelli

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