Abiti contraffatti ai bisognosi anziché all’inceneritore, accordo Procura-Caritas

Il protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica di Oristano è stato sottoscritto solo stamattina, ma l’ultimo carico di abbigliamento con marchi contraffatti, sequestrato dalle forze dell’ordine e destinato all’inceneritore di Macchiareddu, è già stato dirottato nelle sedi della Caritas. E d’ora in avanti sarà sempre così. “Risparmiamo sui costi di distruzione della merce, evitiamo uno spreco inutile e consentiamo alle istituzioni di essere più vicine alle persone che vivono in condizioni di difficoltà, sofferenza o emarginazione”, ha spiegato il procuratore della Repubblica Ezio Domenico Basso prima di mettere la sua firma sull’accordo che riguarda un po’ tutte le categorie merceologiche oggetto di contraffazione, dai capi di abbigliamento alle scarpe, dagli accessori alla pelletteria agli oggetti di simil-lusso.

Anche l’arcivecovo del capoluogo Ignazio Sanna e la direttrice della Caritas Giovanna Lai hanno sottoscritto l’intesa. “In questo momento di povertà estreme e di nuove povertà non possiamo permetterci il lusso di sprecare le cose e dobbiamo lavorare uniti per il bene delle persone”, ha detto monsignor Sanna. “Purtroppo il numero delle famiglie e delle persone che si rivolgono al nostro Centro di ascolto per un aiuto continua a crescere – ha raccontato la direttrice della Caritas -. Nel 2016 sono state 689 e 200 sono quelle che lo hanno fatto per la prima volta. Nel complesso sono stati fatti quasi 12 mila interventi di sostegno”.

Le richieste più comuni riguardano il cibo e i capi di abbigliamento, ma le attività della Caritas si estendono alla concessione di microcrediti, crediti sociali e prestito della speranza, quello che tra il 2016 e il 2017 ha consentito ad una trentina di giovani disoccupati, grazie a una convenzione tra la Cei e l’Abi, di avviare una propria attività. Proprio i giovani costituiscono una fetta importante (l’11%) di quelli che si rivolgono per la prima volta alla Caritas. Quasi doppio invece (21,3%) il numero di separati e divorziati che non ce la fanno più a mantenersi e si rivolgono al Centro di ascolto.

 

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