Abbanoa, il grande “buco” dell’acqua

Sentito in procura il revisore Cario, autore del j’accuse sui conti della società. Accelera l’inchiesta penale partita dal colossale deficit. Sviluppi clamorosi a breve?

Invisibili. Introvabili. Eppure sono 222 i milioni che Abbanoa ha messo a bilancio nella linea dei crediti, ma in cassa non sono mai entrati. Sta scavando qui, la Procura di Cagliari, in queste pieghe finanziarie che potrebbero valere due accuse per il management della società: abuso d’ufficio e peculato.

Al palazzo di giustizia di Cagliari il faldone sul gestore unico del servizio idrico ce l’ha in mano il sostituto procuratore Giangiacomo Pilia, con la supervisione del procuratore capo Mauro Mura. Ci ha pensato Michele Caria, revisore legale di Abbanoa, a scoperchiare per primo il pentolone della spa, dove i 222 milioni di «dotazione finanziaria mancante» si aggiungono agli 800 di profondo rosso. E proprio ieri Caria si è presentato in procura ed è stato sentito come testimone dal pubblico ministero. Due ore di un colloquio che può diventare l’atto fondativo di un’inchiesta dagli sviluppi potenzialmente clamorosi.

L’INIZIO. Era aprile 2013, quando Caria ha finito di spulciare le carte della società e chiesto all’amministratore unico Carlo Marconi di «convocare con urgenza l’assemblea degli azionisti (i soci sono i Comuni sardi e la Regione)». All’ordine del giorno, un unico punto: «Comunicazioni del collegio sindacale». Nella relazione dei revisori un rosario di ammonimenti e presunte irregolarità su «conto correnti bancari, contabilità dei lavori pubblici e struttura organizzativa». Mirino puntato contro i manager di Abbanoa, perché risulta «una verticalizzazione sempre più marcata dei processi, a danno delle direzioni aziendali», a conti fatti tenute fuori dal controllo degli atti.

PRIMI NUMERI. In Abbanoa i 222 milioni di «dotazione finanziaria mancante» contavano di incassarli in tre anni, ma così non è successo. Nell’ordine, erano 89 milioni a gennaio 2012, 85 quest’anno e altri 48 nel 2014. Il collegio dei revisori ha posto un quesito: perché quei soldi sono finiti nel capitolo dei crediti? Non solo: Abbanoa, nata formalmente il 22 dicembre 2005, attende da anni l’ok alla capitalizzazione. In soldoni, 114 milioni, divisi in tre tranche nel triennio 2011-2013, ma neppure stavolta i denari sono arrivati. Ancora: sulla ristrutturazione del debito, con «concessione di aiuto» chiesta all’Unione europea, si attende ancora l’ok da Bruxelles.

GRANDI OPERE.  Una cosa è sicura, già certificata dai revisori e scritta nella relazione consegnata agli azionisti. «È emerso – si legge – un uso anomalo dei conti correnti su cui affluiscono i contributi provenienti da Ato (Autorità di controllo) e Regione». Tutto ruota intorno ai finanziamenti per le opere pubbliche: in totale 116,6 milioni, di cui 76,9 deliberati dalla Giunta sarda. Quei soldi non sono stati usati solo per rifare le infrastrutture, ma hanno anche coperto «le spese correnti della società». Ovvero, i costi di funzionamento. Tanto che Abbanoa non ha più soldi «per pagare i lavori già appaltati». Il deficit di liquidità è di 6,7 milioni. Per Caria «tale aspetto costituisce un fatto censurabile, in quanto l’irregolarità crea all’azienda un danno potenziale e non un semplice pregiudizio». Non solo: a febbraio 2013 «le fatture liquidabili erano pari a 14,3 milioni, mentre le risorse disponibili per farvi fronte si fermavano a 1,96 milioni». Sandro Murtas, il direttore generale graditissimo a destra e sinistra (è in sella da anni,malgrado i cambi di bandiera in Regione), ha assicurato al collegio sindacale che le somme distratte dal capitolo delle opere pubbliche «sono state ripristinate», ha riportato Caria nella sua relazione. Una dato in corso di verifica.

FLOP TECNOLOGICO. Di certo, non tranquillizza «l’inadeguatezza dei sistemi informatici». La fotografia dei revisori è inclemente: «I software non colloquiano tra loro», il che vuol dire «difficoltà a reperire dati uniformi e quadrati». La conclusione è una: «Un numero grezzo non controllato comporta, per la contabilità sociale, il rischio di una sostanziale inattendibilità». Poi il monito contro l’estromissione delle direzioni aziendali dalle verifiche finanziarie, «facendo venir meno la funzione di garanzia e terzietà dei dirigenti». Tant’è: nel bilancio di Abbanoa risultano 2,6 milioni di incassi, ma «non attribuiti a singole partite di clienti». Peraltro: «L’eccessivo utilizzo dei Fogli di lavoro Excel non permette di codificare i dati».

EFFETTO DOMINO. Tuttavia, sotto la lente della Procura potrebbe finire anche l‘Ato che, per legge, deve svolgere il cosiddetto “controllo analogo” sui conti e sulla gestione di Abbanoa. Significa approvare «i documenti di programmazione, quelli contabili e il piano industriale». Ma anche verificare «l’attuazione degli obiettivi strategici e gli standard qualitativi del processo». A leggere la relazione di Caria, «non risulta che l’Ato abbia svolto tale attività così come previsto nella Convenzione con Abbanoa». Insomma, tanti tasselli di uno stesso mosaico che andranno rimessi insieme per provare a salvare Abbanoa e i suoi 1.500 dipendenti.

Alessandra Carta

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