Vittore Bocchetta, vita e arte di un antifascista in mostra al Ghetto

C’è qualcosa che, a prima vista, ti sorprende quando incontri Vittore Bocchetta: è il suo incedere svelto e sicuro, la sua postura eretta ad onta dei suoi 97 anni. Un portamento che è specchio esteriore e metafora di un uomo che ha camminato guardando in faccia la vita e tenendo la schiena sempre dritta. Vittore Bocchetta rappresenta un esempio di coerenza in un paese che ha ben presto scoperto i vantaggi materiali del trasformismo. Nella sua vita è stato perseguitato dai fascisti ed attaccato dagli antifascisti del giorno dopo. Scegliendo di diventare un esule per non venir meno alle sue idee.

Per conoscere la storia di questo straordinario personaggio basta leggere i tanti libri, suoi e di altri, che la raccontano. Ma per entrare davvero nel suo mondo interiore, per vedere quale prezzo ha pagato per tenere dritta la schiena bisogna visitare la mostra Vittore  Bocchetta – Vita e Arte di un antifascista, curata da Emanuela Falqui inaugurata, non a caso, a ridosso del 25 aprile e visitabile al Ghetto, in Via Santa Croce, 18 – Cagliari sino al 17 maggio.

Perché le parole sono mediate dal cervello, dal ragionamento che impone un certo distacco, addolcisce le storie con l’ironia, cede ai compromessi linguistici. Invece l’arte è puro sentimento, dove le emozioni dell’artista e dell’uomo ti arrivano senza filtri, con l’immediatezza del racconto visuale e la forza di un pugno nello stomaco.

La mostra “Vita e Arte di Vittore Bocchetta” è divisa in due sezioni; la prima parte è dedicata all’attività di Bocchetta sulla memoria storica e riprende le fila dell’opera letteraria,“Prima e dopo «quadri» 1918 – 1949”, un’autobiografia accompagnata da una serie di disegni, collage che ritraggono diversi episodi della resistenza a Verona, il carcere, la tortura, gli interrogatori, il lager e la liberazione. Questa sezione è arricchita dalla proiezione del video di Hans Jacobs (cliccare qui) dove Bocchetta racconta la sua esperienza nei campo di sterminio di Flossemburg e Hersbruck.

La seconda parte riguarda il periodo statunitense, durante il quale ha lavorato intensamente come pittore e scultore, sperimentando forme e materiali diversi nel suo atelier di Chicago. In America è stato invitato ad esporre in diverse città; definito dalla critica “Uomo del Rinascimento”, ha realizzato diversi monumenti pubblici, come “Mother Earth” presso il Chicago Public Library Cultural Center. Oggi alcune sue opere sono catalogate e tutelate tra i monumenti della Smithsonian Institution.

Dai disegni e dai collage sulla memoria, raccolti in un’unica grande bacheca, emerge una storia interiore dominata da paure, angosce, disperazione. C’è la triste esperienza di deportato raccontata con tratti scarni e atmosfere cupe. Un universo popolato da uomini-larva, morti viventi umiliati, accasciati, privati di ogni dignità. Figure senza volto e senza voce, incubi indelebilmente tatuati nell’anima dell’artista.

Poi le opere del periodo “americano” dove la vita di Bocchetta, confortata dai numerosi riconoscimenti, si apre alla speranza. In questo periodo figure femminili snelle che si protendono verso l’alto, quasi al librarsi in uno slancio di ritrovata libertà, si alternano a sculture levigate, dalle morbide forme arrotondate. Ma riaffiorano talvolta i fantasmi del passato che si svelano con opere contorte ed inquietanti. Atmosfere che ritroviamo ancora in alcune opere più recenti realizzate nel periodo “Veronese”.

Da questa mostra emerge la figura di un artista eclettico, aperto a influssi e tendenze, che rielabora tecniche ed esperienze artistiche diverse per realizzare un racconto che si fa storia personale a tratti sofferta, talvolta serena, sempre coerente. Opere dalle tematiche e dal respiro ampio, fatalmente lontane da una Sardegna che è stata una breve tappa della sua lunga vita e che rimane nei suoi ricordi come «un polverone di briciole, una sbronza, una visita alla Caprera di Garibaldi, bellezza sarda, malaria, caldo, fichi secchi, asinelli e cavalli sardignoli, formaggio coi vermi, mandorle e mostaccioli. La mia isola era allora segreta e strettamente riservata. Oggi, sterilizzata dal DDT americano, è guarita di tutto, di tutto ciò che c’era di sardo»

Le opere di Vittore Bocchetta, dopo la mostra, resteranno a Cagliari. «Cercheremo —dice il nipote Alberto, custode di questo patrimonio d’arte e di storia — qualche istituzione pubblica disposta a farsene carico e a valorizzarlo degnamente».

Sperando che la Sardegna non riservi al Bocchetta artista, conosciuto ed apprezzato negli Stati Uniti, in Germania e nella “sua” Verona ma totalmente sconosciuto nella terra d’origine, la stessa distratta indifferenza che ha finora riservato al Vittore Bocchetta antifascista, scomodo esempio di indipendenza e di coerenza, uomo senza padroni e senza padrini.

Enrico Pinna

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