“Tra vista e visione”: una mostra inaugura i corsi di fotografia dell’Associazione S’Umbra

Vista e visione sono, secondo molti vocabolari, sinonimi. In medicina invece, tra i due termini c’è una bella differenza. La vista, che fa parte dei cinque sensi, è l’atto fisico del vedere, un puro passaggio di energia nervosa, mentre la visione è il processo mentale di interpretazione delle immagini percepite. In fotografia la differenza è più sottile: l’occhio del fotografo vede e osserva, la sua visione personale interpreta. Ma l’una non può fare a meno dell’altra e, insieme, costituiscono l’essenza della fotografia, il gesto consapevole ed intelligente della costruzione del racconto per immagini.

“TRA VISTA E VISIONE” è il titolo della mostra con cui L’associazione S’Umbra presenta anche quest’anno la sua Scuola di fotografia analogica e camera oscura. Curata da Emanuela Falqui, questa mostra espone i materiali e i contenuti didattici dei precedenti corsi. Lavori realizzati da docenti e allievi comprensivi anche di errori e indicazioni di correzione. Del percorso espositivo fa parte anche la grande camera oscura.

L’inaugurazione è prevista per giovedì 16 ottobre alle 18,30 e la mostra sarà visitabile sino al 2 novembre nella sede di Via San Giuseppe 17 a Cagliari. Saranno presenti i docenti: Erik Chevalier, Fotografo e artista visuale, redattore della rivista Fuoritema, Laura Farneti, Fotografa e artista visuale e Luisa Siddi, Fotogiornalista, direttore responsabile della rivista Fuoritema, con l’assistenza del gruppo Surrealista della galleria fotografica di S’Umbra.

Contestualmente partono le iscrizioni alla scuola di fotografia (cliccare qui per i dettagli) che, naturalmente, è organizzata secondo la “visione” fotografica della scuola fortemente orientata ad un esercizio collettivo dell’arte ed a un’approccio “fuoritema” alla fotografia. Un percorso didattico/pratico rigorosamente analogico e in bianco e nero attraverso varie tematiche fra cui il fotogiornalismo, in grado di sviluppare una capacità di lettura critica del contenuto dell’immagine in relazione al reale. Poi, a partire dalla costruzione di una propria macchina a foro stenopeico, S’Umbra propone lo studio di differenti esperienze fotografiche, che permettono la sperimentazione di vari linguaggi espressivi (rayogrammi, fotografismi ecc.).

Non manca la pratica all’interno della camera oscura, attraverso l’insegnamento di tecniche di sviluppo di negativi, provini a contatto, stampa con diversi tipi di ingranditori e carte (politenata e baritata), elaborazioni, viraggi e mascherature. La fase finale del corso prevede inoltre l’ideazione, l’allestimento, la progettazione, la promozione e la definizione dei dettagli per una mostra collettiva” con la curatrice free-lance Emanuela Falqui che segue la direzione artistica della Galleria S’Umbra.

Ho già sottolineato come le scuole di fotografia facciano opera di lodevole supplenza all’enorme vuoto di insegnamento e di cultura dell’immagine tipica programmi scolastici ministeriali. E una buona scuola, che non si fermi alla tecnica ma offra contenuti e conoscenza di linguaggi e di processi visivi è un passaggio fondamentale per chi vuole mettere in gioco la sua vocazione fotografica. L’offerta non manca e la scelta dell’una o dell’altra dipende dagli obiettivi che ciascuno si propone di raggiungere e dall’affinità personale a questa o a quella visione.

E, per una volta, non mi trovo d’accordo con Henry Cartier Bresson che, in un’intervista rilasciata a Yves Burde nel 1974, si disse assolutamente contrario alle scuole di fotografia perché, una volta imparata la tecnica, il resto non si insegna. Dimenticando due cose: una sua frequentazione con l’atelier del pittore Andrè Lhote e i successivi studi di pittura fondamentali per la sua educazione alla visione e la sottovalutazione del suo immenso e innato talento. L’unica cosa che nessuna scuola potrà mai insegnarti.

Enrico Pinna

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