“Say cheese, please”: la banalità del male vista da Marco Mostallino

L’incalzare di fatti drammatici come quelli di Parigi sta giustamente catalizzando l’informazione su temi che mettono in discussione la nostra sicurezza e fanno riaffiorare le nostre paure più profonde. In questa temperie buia passano in secondo piano ricorrenze come i settant’anni trascorsi dall’inizio dei processi di Norimberga, tentativo di catarsi morale dell’occidente con cui si intendeva chiudere i conti con il nazismo e con i nazisti.

E se con il nazismo ed il suo apparato la pratica si chiuse abbastanza velocemente, con i nazisti la “purificazione” non è mai stata completata. Anzi, proprio i fuochi di questa anomala “guerra del terrore”  stanno facendo moltiplicare gruppi e movimenti che ostentano svastiche e croci celtiche, idee autoritarie e convinzioni razziali, a dimostrazione che i nazisti non si sono mai estinti.

Il processo di “Denazificazione” è una strada impervia e per questo la mostra di Marco Mostallino “Say cheese, please” è un utile contributo di riflessione su quel che riaffiora oggi nei movimenti xenofobi e neonazisti europei. “Say cheese, please”  è aperta a Cagliari da giovedì 19 novembre al “Pablo Caffè fotografico” di via Martini 20.

Si tratta di otto immagini, con sottotitolo “Norimberga 70 anni dopo”, “realizzate fra il Museo di Dachau e quelli di Berlino – scrive la curatrice Raffaella Venturi nella presentazione –  e che Marco Mostallino ha fatto diventare volutamente parziali, sgranate, sovraesposte” per sottolineare il loro apparente non senso.

Con in calce, come su vecchie Polaroid, citazioni da libri quali “Lei ha mai visto Hitler?”, di Walter Kempowski, “Il diario personale di Joseph Goebbels” e “I taccuini di Norimberga”, di Leon Goldensohn. Scatti e frasi che lambiscono il concetto della “banalità del male”, dal famoso saggio che Hannah Arendt dedicò al processo Eichmann, e che restano ancor oggi attuali.

Più che una mostra fotografica Mostallino, propone un’operazione di arte concettuale dove la fotografia si offre come medium duttile ed espressivo. Sollevata dall’obbligo di essere cronaca o racconto fedele si lascia volentieri contaminare, manipolare, piegare all’idea espressiva dell’artista e diventare efficace veicolo di metafore, suggestioni ed accostamenti sarcastici.

Le fotografie dei musei di Dachau e di Berlino riprodotte, tagliate e rivisitate sono beffardi e sempre attuali atti d’accusa contro mondi chiusi che si nutrono di un delirante passato. Sorridete per favore!! è il titolo della mostra e l’invito ai serissimi e feroci nazisti del ritratto collettivo, scritto con un font, il “Comic sans” che completa un messaggio di spietata ironia al nostro mondo che, spaventato da nuovi nemici, sembra guardare con più indulgenza ai vecchi e alle loro ideologie razziste.

L’operazione artistica di Marco Mostallino è diametralmente opposta ai provocatori fotocollage Dadaisti di Hannah Hoch e John Heartfield  o ai lavori più attuali dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn esposti di recente al MAN di Nuoro. Se i collagisti sviluppano i loro concetti con la costruzione di nuove immagini attraverso la somma ragionata di fotogrammi compositi, Mostallino lavora invece isolando i particolari in un’operazione di sintesi, di sottrazione. Un lavoro a levare che, supportata dai testi (che sono parte cruciale della foto) ottiene lo stesso effetto straniante e beffardo.

Una piccola riflessione sullo spazio dove la mostra resterà esposta sino al 30 novembre. Il Pablo Caffè (il riferimento al grande Pablo Volta non è casuale) , nasce da un’idea di Raffaella Venturi, ed è un luogo dove si può sorseggiare un caffè, sfogliare un buon libro fotografico, vedere una mostra, immergersi in un piccolo ma delizioso spazio dove si respira arte visuale. Un modo originale per far uscire la fotografia dai luoghi canonici per portarla fra la gente. Una “fotografia diffusa” che si intrufola nei nostri riti quotidiani arricchendoli di gesti e di significati nuovi.

Enrico Pinna

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