Il premio “Mario Dondero”, omaggio a un grande della fotografia umanista

Per una volta c’è poco da aggiungere al comunicato stampa che annuncia il premio dedicato a un fotografo che ha lasciato un ricordo indelebile fra molti che, anche in Sardegna, lo hanno conosciuto e amato.

Il Ma.Co.f, Centro della Fotografia italiana, con sede a Brescia, ha il piacere di annunciare la pubblicazione del bando per partecipare alla I Edizione del “Premio Mario Dondero, Dalla parte dell’uomo”. Con il duplice obiettivo di celebrare il nome del grande fotografo recentemente scomparso, e di inaugurare un lavoro di mappatura dell’attuale produzione fotografica relativa all’ambito del reportage, il Premio si rivolge a tutti i fotografi, dilettanti o professionisti, italiani e stranieri con l’unico vincolo della maggiore età, che possono partecipare con un lavoro inedito prodotto negli ultimi tre anni. Una giuria selezionata, composta dai due fotografi Gianni Berengo Gardin e Uliano Lucas, dallo storico della fotografia Walter Guadagnini, dall’art-director Gianluigi Colin, da Renato Corsini, in rappresentanza del Ma.Co.f, e da Maddalena Fossati Dondero in rappresentanza della famiglia Dondero, decreterà il vincitore a cui verrà donato un corrispettivo in denaro pari a 3.000 euro. Il modulo di iscrizione e il regolamento sono online sul sito www.macof.it. Le iscrizioni sono aperte fino al 14 giugno 2017. Scaduto tale termine la giuria si riunirà per stabilire il vincitore e per selezionare i lavori che, ricevendo menzione d’onore, formeranno la mostra collettiva mirata a illustrare la situazione attuale del genere del reportage. Il Premio Mario Dondero è inoltre inserito come evento nel più grande circuito del Brescia Photo Festival, festival della fotografia quest’anno alla sua prima edizione.
pdondero“Nato a Milano nel 1928, Mario Dondero è stato un appassionato interprete della fotografia “umanista”, di testimonianza e d’impegno civile che ha segnato la storia del secondo Novecento. Formatosi nell’Italia degli anni cinquanta, in un’epoca attraversata da grandi idealità politiche che scopriva la fotografia come strumento d’indagine e racconto della società, ha lavorato per tutta la vita come fotografo freelance portando avanti un suo originale impegno di testimonianza, di confronto e scoperta del mondo, molto lontano dalle tendenze della stampa del suo tempo, spesso legate all’intrattenimento e alla foto illustrativa e “mitopoietica”. La fotografia era per lui un mezzo “per incontrare uomini e donne di origini e paesi diversi, gente famosa o ignota, ma carica di una speciale umanità”, un modo per aprirsi al mondo e stare dalla parte della gente. Con un stile piano, che non cercava mai la foto ad effetto, che rifuggiva lo scoop e il sensazionalismo, ha seguito e documentato avvenimenti e processi storici del suo tempo, ma soprattutto ha colto la quotidianità del vivere, i rapporti umani. Nello stesso tempo Dondero si è fatto anche voce di un mondo intellettuale che condivideva le sue stesse idealità politiche e il suo impegno sociale, seguendo, in particolare negli anni cinquanta e sessanta, i percorsi di una stagione culturale di estrema vivacità: la Nouvelle Vague e il cinema di Bertolucci e di Pasolini, gli artisti di Piazza del Popolo, il teatro di Ionesco e il Nouveau Roman, i nuovi orizzonti del pensiero critico e politico.
Il premio nasce quindi come un omaggio a questo autore che ha saputo essere tenacemente controcorrente, un omaggio alla cultura e alla dolcezza del suo sguardo, ed è destinato a chi, fra i fotografi attivi in questi anni, cerca di raccogliere il testimone del suo impegno e di portare avanti la sua visione della fotografia. Con esso si propone un’occasione per seguire e valorizzare le esperienze del fotogiornalismo e della fotografia contemporanea d’impegno civile, tracciando anno dopo anno, una mappatura dell’attuale panorama del reportage d’indagine sociale, anche attraverso l’organizzazione di una mostra collettiva legata al premio.
In un testo degli anni Ottanta Mario Dondero scriveva: “Mentre diventano sempre più labili i confini fra giornalismo e pubblicità, la fotografia testimonianza sta perdendo terreno nei confronti della fotografia spettacolo. Cresce magari la finzione tecnica, l’involucro estetico, ma si fa debole il discorso interiore. Il documento semplice e duro lascia il posto all’illustrazione elegante, alla macchia cromatica fine a se stessa. Quella che Willy Ronis chiama la ‘photo humaniste’, la ‘concerned picture’ cara a Simon Guttmann, la ‘foto d’impegno civile’, come la si è chiamata in Italia mi sembra perdere punti nei confronti di immagini nelle quali l’attenzione è volta ad altri temi, ad altri interessi”. Ecco, il premio Dondero si rivolge a chi tenta invece di portare avanti, in un diverso contesto storico e culturale, questa tradizione.

Enrico Pinna

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