Sadali tra xenofobia e solidarietà. E la saggezza dei vecchi…

Io oggi non voglio parlare degli orrori delle guerre, non voglio parlare delle sofferenze di chi fugge, di chi è perseguitato, violentato, ucciso. Non voglio parlare di chi arriva qui dopo anni di segregazioni e libertà violata. Non voglio parlarne… ma basta! Non voglio parlare di Mohamed al quale hanno ucciso la famiglia un mese fa e non si gode l’albergo a tre stelle; ma quanto tempo ci vuole per un lutto?… Reagisci no? Non voglio parlare di Inas, che all’arrivo vuole lavarsi subito, che cerca un assorbente, una gonna pulita, nascondendo con vergogna la sua tonaca mestruata… Ecco si! Vergognati di andare in giro cosi! Animali! Non voglio parlare di quegli altri: Mohamed, Mostafa, Junes, Rachida, con questi cavolo di nomi tutti uguali e impronunciabili. Ma almeno si chiamassero Franco, Carlo, Giulia, sarebbe tutto più semplice… E invece no! Gli sta bene!

Chiedono gli orari dei treni da Sadali a Milano, hanno dei parenti lì… manco sanno che la Sardegna è un’isola… ignoranti! Ma studiarsi l’itinerario prima di partire no? Che sprovveduti! Il classico turista fai da te! Io l’ho sempre detto che bisogna affidarsi alle agenzie e non agli scafisti dell’ultima ora… Mi sono offesa quando hanno detto che non capivano dove si trovassero. Come? La mia terra, la mia Sardegna? Non conoscono Sadali? Il mio Paese? Non conoscono il magico paese delle fate? Come si fa a non conoscere la cascata, il mulino… quasi fossero arrivati qui con la benda sugli occhi! Eh già! Non voglio credere che i loro pensieri fossero tutti per ciò che hanno lasciato; la casa distrutta dalle bombe, la famiglia massacrata e smembrata… Ma si, sei giovane diamine! Goditi la vacanza! Tutto pagato eh! Tutto pagato coi nostri soldi! Magari capitasse a me un occasione così! In un isola da sogno… vitto, alloggio… che peccato. Ma io non voglio parlare di loro, voglio parlare di me. E quando dico me, dico la mia famiglia, i miei amici, il mio paese. Si, perché a me… a noi… chi ci pensa? Io non sono razzista, ma….”

Sono le “ironiche” parole che il vice Sindaco, Margherita Marci, pronuncia durante un affollatissimo Consiglio comunale per raccontare delle contraddizioni tra un diffuso sentimento razzista e l’inconsapevolezza che di tale sentimento si tratti: “Io non sono razzista, ma…” o anche “io non ho nulla contro i negri ma l’importante è che restino a casa loro”.

E invece a Sadali, paese impegnato da anni in politiche dell’accoglienza e dell’integrazione, uno sparuto numero di rivoltosi, si organizza per accogliere l’arrivo di un pullman di migranti, con 25 bambini a bordo (due dei quali orfani avendo perso i genitori durante il tragitto) al grido di “fuori! fuori! fuori! Anche i nostri bambini muoiono di fame”.

La risposta della maggioranza della comunità sadalese non si è fatta attendere e ha risposto numerosa al richiamo del sindaco Romina Mura, deputato Pd, che, convocato il Consiglio comunale dopo aver minacciato le dimissioni, ha espresso parole di grande fermezza: “Le urla di alcune mamme e di alcune educatrici che contro quei piccoli e sfortunati profughi hanno gridato “fuori! fuori! fuori! Anche i nostri bambini muoiono di fame”, hanno offeso profondamente me e la maggioranza dei miei concittadini. Sono persone e bambini che arrivano da Paesi dove mozzano teste e vengono qui per trovare un po’ di calore umano. Dalle nostre parti i bambini non muoiono di fame. Sentire le grida di quelle mamme e di quelle educatrici mi ha fatto male.”
“Anche Gesù fu profugo. È un dovere accogliere i migranti”. Queste le recenti parole di Papa Francesco. Evidentemente sfuggite a quelle persone, magari puntuali frequentatori e frequentatrici della messa domenicale.

Sono andato a Sadali, accompagnato da diversi amici e con Costantino Giordano, inviato dell’alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, per solidarietà al Sindaco Romina Mura e a quella parte di cittadinanza accogliente e umana che ci ha fatto essere orgogliosi di essere sardi.
Sono andato con Anna, Franco e Laura per testimoniare tutta la nostra indignazione verso quell’altra parte di comunità sadalese e sarda che ha gridato la propria ignoranza e intolleranza verso i profughi, che ha denudato il proprio razzismo, consapevole o meno, contro persone più sfortunate di noi: uomini, donne e bambini in fuga da luoghi di guerra, di miseria e di terrore. La Sardegna è da sempre un popolo di migranti e le nostre coscienze non dovrebbero dimenticarlo. Mai.

Sono andato con una certa preoccupazione, sono rientrato invece più sereno e più ricco. Ho ancora impresse le parole commosse degli anziani padri del gestore della struttura Janas, la struttura che accoglie questi nostri fratelli e queste nostre sorelle.

Angelo Faa ed Emilia Lai, parlano al microfono con la voce rotta dalla commozione: “Quello che leggete sui giornali sono tutte bugie. Queste persone (riferita ai migranti) si sono comportati da gran signori. Hanno dormito e il giorno dopo li abbiamo trovati che pulivano le scale, che mettevano ordine. Persone meravigliose che di fronte ad un pasto caldo rispondevano: “grazie mamma”.
E ancora, le parole di Erminia Meloni, 97 anni: “Dopo i bombardamenti, ogni famiglia sadalese aveva ospitato gli sfollati, a prescindere dal colore della pelle. Non c’era nessun aiuto da parte dello Stato, ma ogni famiglia divideva con gli ospiti quel poco che c’era in casa, perchè “in sa cosa dividia si ddu-e secci s’angelu”.

Non siamo padroni della “nostra” terra ma solo orgogliosi custodi della nostra storia e della storia che dovremo o vorremo scrivere insieme a chiunque vorrà o dovrà viverci, fosse anche per un solo giorno della propria esistenza. Sono andato a Sadali, per civismo e per amore cristiano, contro una miseria, a volte squallida, che questa terra non merita. Spesso la miseria di chi non ha sentito mai il sapore d’un dolore, di chi indossa quella “miseria” che non vuol mai essere sfamata.
Invece io son rientrato sazio, sazio dell’umanità di una comunità che ancora non conoscevo. Grazie Sadali.

Gianluigi Piras

gianluigipiras@gmail.com

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