“Piccole Parti di Realtà”: mostra di fine corso della Fine Art School

L’estate è tempo di esami, anche per le scuole di fotografia. Come ogni anno anche la Scuola d’Arte Fotografica dello studio Fine Art di Michelangelo Sardo presenta l’esposizione collettiva di fine anno dei suoi allievi dal titolo “Piccole Parti di Realtà”.

Questa edizione propone, come di consueto, una serie di opere fotografiche curate da ciascuno dei partecipanti.  Ogni allievo presenta un progetto individuale, realizzato in piena libertà formale e espressiva, per indagare percorsi personali di ricerca nel linguaggio fotografico.

La maggiore parte degli allievi ha voluto seguire il canovaccio minimo di un comune denominatore piegato lungo i percorsi del sogno, della memoria, della condizione umana in una lettura intimista ma non mancano forme di espressione più leggere.

I lavori sono maggiormente improntati al linguaggio del bianco e nero, che continua ad apparire indifferente alle insidie delle ultime tecnologie, con escursioni nell’indagine del linguaggio meno scontato del colore nel controllo completo della luce, dalla figura allo still life al paesaggio; le opere in esposizione sono realizzate nella conoscenza della evoluzione del linguaggio in questo campo e spaziano sui temi classici della fotografia.

Di seguito una breve sintesi dei progetti fatta dagli autori.

Giulia Laconi: “Divergenze” come modalità di un incontro. Divergenze dal carattere duale. Definite linee, definite per onda, nel cui incedere scompaiono. Dispersioni e riavvolgimenti -intersezioni e distanze.”

Claudio Cappai: “Parole Liquide”. Un libro sempre diverso con sopra una bottiglia coricata ed ecco che attraverso le goccioline formate dalla poca acqua presente nella bottiglia si intravedono dubbi, emozioni, crisi interiori, sguardi incrociati, delusioni che vanno a formare un corpus unico di parole chiave, pezzi di titoli estrinsecati dal loro contesto per diventare un racconto già vissuto o una futura speranza…

Gabriele Boscaratto: “Messico”. Esplorando una terra lontana, zaino in spalla, fotocamera alla mano

Katharina Neumann: “Riflessioni”…su Cagliari e i vetri sulla città. Cos’ha questo posto sconosciuto, che una volta trovato non ti lascia più andare via?

Francesca  Costa: Un viaggio onirico nell’inconscio, un percorso interiore alla ricerca del proprio Sé.

Giovanni Spissu: “Le tre età sul lago Vittoria”. Nel febbraio de 2017 mi sono trasferito a Mwanza (Tanzania), un centro urbano si situato nelle sponde del Lago Vittoria. Qui ho avuto modo di entrare in contatto con una realtà sociale  che stava attraversando un periodo di profonde trasformazioni.

Alessio Spanu: “Trash food”: Allontanarsi dalla realtà oggettiva di ciò che ogni giorno osserviamo, descriverla e ritrarla attraverso un nuovo punto di vista, utilizzando il colore come cardine principale.

Silvia Pranteddu:L’età dell’ innocenza”. É il periodo più importante dell’ essere umano, rappresentare i bambini nella tradizione sarda, in quanto vivono in un i”sola felice” rispetto ad altri bambini che fuggono da guerre,povertà e miserie umane, ai quali l ‘ infanzia viene strappata.

Daniela Mura: In questi ultimi anni ho avuto modo di crescere e imparare a conoscere meglio me stessa. In questo progetto compaiono diversi accessori che ho creato con le mie mani e ho fatto dialogare tra loro per aggiungere maggiore significato ed esporre il mio percorso personale.

Laura Atzori: “Immagini di vita passata”, nel silenzio di una dimora ormai spoglia di tutto ciò che la rendeva accogliente, tracce di persone e oggetti che non sono più là.

Gianmario Muglia: Le donne hanno subito per secoli un duro esproprio: quello del loro corpo. Natura e cultura si scontrano e si incontrano in un gioco di segni che la donna imprime su di sé per rivendicare sé stessa: io sono mia.”

L’inaugurazione della mostra si terrà il 16 giugno alle ore 18.00 al Centro Comunale Castello di San Michele con la collaborazione del Consorzio CAMÙ.

Traspare dai lavori l’indirizzo didattico che viene così riassunto da Michelangelo Sardo nella presentazione della mostra:

“La comunicazione, ambito naturale del linguaggio fotografico (che mantiene comunque una dimensione propria e colta), sembra oggi costituita esclusivamente di immagine ma nel contempo sembra essersi di questa disinteressata. L’immagine proposta oggi è in apparenza facile, immediata, alla portata di tutti: gli ultimi apparecchi sembrano quasi saper guardare e scattare autonomamente; è qui che la scuola indica una strada per distinguere il linguaggio specifico della fotografia, in cui l’espressione traspaia forte e intenzionale nella faticosa e selettiva ricerca di un linguaggio quanto mai alto e essenziale, senza per questo rimanere prigioniero di forme classiche o criptiche e per essere pienamente fruibile nella sua austerità e, allo stesso modo, novità e leggerezza”.

Ora a ciascun allievo ritagliarsi uno spazio espressivo autonomo facendo tesoro dell’esperienza scolastica che non è solo apprendimento di tecniche ma anche confronto di visioni e di emozioni.

Enrico Pinna

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