Le parole fotografate: al Teatro di Castello la poesia per immagini di Marilia Gallus

C’è una poesia antica, fatta di pochi versi, dalla metrica scarna e dai contenuti intimi, che fanno emergere con forza sentimenti, immagini, stati d’animo. Piccole composizioni che riescono a suscitare grandi emozioni. E’ lo Haiku, poesia giapponese che, con sintesi estrema e struttura essenziale, racconta con inaspettato vigore espressivo le struggenti suggestioni della natura e la complessità dei mondi interiori.

E c’è un’artista che cerca di trasformare quei versi in immagini. Marilia Gallus con la sua mostra “Le parole fotografate”, visitabile al Teatro Civico di Castello di Cagliari sino al 27 settembre, ci introduce in un mondo dove la fotografia viene via via pulita di ogni elemento superfluo per arrivare dall’essenziale all’essenza, dal discorso al verso poetico intimo e profondo.

Marilìa Gallus, nata a Cagliari, è medico veterinario. Vive e lavora a Sassari.

Al suo lavoro presso l’AGRIS, Agenzia della Regione Sardegna per la ricerca scientifica,  affianca l’amore per la fotografia, che spazia dalle foto sportive — segue in maniera particolare le squadre di rugby della Sardegna — alle foto astratte; alcuni suoi scatti sono stati scelti dalla casa editrice Einaudi come copertine per volumi pubblicati tra il 2012 e il 2013.

“Spesso — scrive l’artista — leggendo un brillante saggio, un bel romanzo, ho la sensazione di poter, attraverso un’immagine, rendere visivamente quello che trovo stampato sulle pagine. Fonte di grande ispirazione per me sono le parole scritte, le frasi ben articolate, i dialoghi fulminanti di certi romanzieri e, naturalmente, i versi Haiku. Lascio tanto vuoto perché possa venir colmato da uno sguardo.”

“Amo molto — prosegue — il romanzo Guanciale d’erba di Sōseki Natsume e un passaggio in particolare che recita:

-Deve essere più piacevole vivere in un posto tranquillo come questo.

-È piacevole ed è spiacevole: al mondo si sta secondo come ci si ci sente nell’animo.

-È inutile lasciare il paese delle pulci per andare nel paese delle mosche.

-Ma basterebbe recarsi in un paese senza pulci e senza mosche, no?

-Se esiste un simile paese me lo mostri, su, me  lo mostri.”

«Io — confessa Marilia —  l’ho trovato il mio paese senza pulci e senza mosche. E’ la fotografia.»

Chi visita la mostra ha la  opportunità di interagire con essa, completando la visione delle opere con la lettura degli haiku stampati su carta di riso accanto ad esse. “Telaietti”, ideati  e realizzati dalla curatrice della mostra, Barbara Amat Gentilini, che permettono di di appuntare piccole emozioni  di 17 sillabe.

Un percorso di visita dove l’immagine insegue la poesia e viceversa, in un attraente gioco di specchi visivi e letterari che si cercano e si trovano in piccoli componimenti ed immagini scarne ed essenziali che diventano sensazioni lievi, soffi di brezza, lieve battito d’ali, respiro profondo, versi di poeti Haiku. Completano l’esposizione quattro trittici dedicati a Cagliari.

Marilia Gallus elabora le sue fotografie con un lavoro di sistematica semplificazione che le rende eteree, immateriali, secondo un’estetica di visione intima e trasparente. Le immagini, spesso private degli sfondi, galleggiano in un impalpabile mondo di sensazioni, o in un fiammeggiante universo di colori o di oniriche visioni della natura. Un raffinato portfolio di arte astratta che ha la folgorante immediatezza di una poesia Haiku e la ricchezza delle sensazioni e delle emozioni più intime e personali.

Enrico Pinna

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