“Senso di colpa, sessualità ed estasi”, Cristóbal Jodorowsky al Civico di Sassari

Un titolo “Senso di colpa, sessualità ed estasi” e un nome al suo fianco “Cristóbal Jodorowsky” e venerdì 21 novembre, il Teatro Civico di Sassari si è riempito oltre l’inaspettato, al punto che Messaggerie Sarde, Nessun Dorma e Theatre En Vol (gli organizzatori dell’evento) si sono trovati costretti a dire parecchi no agli spettatori dell’ultimo minuto.

Jodorowsky è uno di quei cognomi “pesanti” da portare, soprattutto se come tuo padre ti senti in qualche modo chiamato a mettere la tua arte a disposizione delle persone e del loro processo di crescita. Ma se c’è una cosa che Cristóbal Jodorowsky sembra aver imparato dalla vita, è a riderci e a scherzarci su. O, almeno, questo è quello che sembra trasparire dal suo one man show, uno spettacolo di due ore intense e pienissime, in cui, più di una volta, si sono toccati gli estremi.

Quattro carte, quattro Arcani marsigliesi, sullo sfondo del palcoscenico: l’asso di Bastoni, l’Appeso, il Diavolo e il Giudizio a rappresentare, appunto, questo viaggio attraverso il senso di colpa, la sessualità e l’estasi. Un viaggio a ritroso dai nostri giorni sino alla Dea Madre e ad Adamo ed Eva per mostrare che è in questi miti, in come la cultura occidentale li ha raccontati e costruiti, che affondano le radici del senso di colpa che, ancora oggi, circonda la sessualità, spesso svilita a qualcosa di terribilmente materiale, volgare e osceno.

Jodorowsky non si risparmia al riguardo: perché il senso di colpa si scateni, bisogna andare fino in fondo, provocarlo al limite del volgare ed esorcizzarlo attraverso il riso. Più forte è il trauma, più grande sarà l’insegnamento impresso sull’inconscio. E così, da un momento all’altro, passa da bambino frignante e colpevole a individuo in preda dei suoi istinti più animali e incestuosi, pericolosamente molto simile al Diavolo che troneggia alle sue spalle. Tra le risate e le battute del pubblico, sul palcoscenico del Teatro Civico di Sassari, va in scena la demonizzazione della sessualità e di tutto ciò che, a questa, è stato connesso nei secoli: senso di colpa, sacrificio, perversione, continue richieste di approvazione e permessi negati da genitori a eterni bambini.

Troppo forte per il pubblico in sala? A giudicare da qualche faccia all’uscita del Teatro, forse sì. Può succedere quando si arriva a scatola chiusa, magari attirati da un nome conosciuto in tutto il mondo, ignari di cosa davvero intenda la locandina a presentare questa esperienza di Psicoteatro come una “serata esperienziale, educativa”. Del resto, a inizio serata, Jodorowsky (che non riceve alcun compenso per questi spettacoli portati in giro gratuitamente da ogni parte del mondo) aveva avvertito: non si sarebbe trattato di nulla di facile né di leggero. Crescere, riconoscere i propri fantasmi e liberarsene non è lavoro semplice.

Sarà per questo che è solo negli ultimi dieci minuti che l’atmosfera cambia improvvisamente e che Jodorowsky propone e chiarisce la sua chiave di lettura della sessualità. Ora, gli Arcani alle sue spalle diventano il simbolo della meditazione e della consapevolezza, di una sessualità creativa che diventa espressione di estasi, uno strumento per sentirsi e comprendere come si è veramente parte di tutto.

Attenzione, però: non c’è luce senza buio. Solo ridendo di sensi di colpa e perversioni, cominciando a farne un’esperienza consapevole sulle poltroncine di quel Teatro, si potrà guardare l’animalità come parte dell’ego umano e solo a quel punto, cominciare a diluirla rendendo più fluida l’esistenza, in un’onda di Amore che abbraccia tutto e tutti.

Morena Deriu

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