Le strade di Mario Dondero in Sardegna

Quali ragioni portavano così spesso Mario Dondero in Sardegna? Non il suo lavoro di fotografo perché  non ho mai visto un suo reportage sull’isola. E se non era la fotografia cos’altro lo spingeva a questi periodici ritorni? Era un motivo semplice, la sua unica grande passione: ritrovare amici e amiche, incontrarne di nuovi, magari con il pretesto di una mostra o di un seminario. Io lo conoscevo solo attraverso le sue immagini, le nostre strade si sono sfiorate ma mai incrociate. E mentre a Roma e a Milano si stanno organizzando eventi per commemorarlo proverò a raccontare Mario Dondero attraverso i i ricordi e le testimonianze di alcuni fra i tanti amici sardi che lo hanno conosciuto.

Calasetta 2006 Rosi Giua
©Mario Dondero

Rosi Giua, fotografa. «Lui veniva spesso in Sardegna perché aveva molti amici qui, mi chiamava delle volte dalla cabina telefonica del porto (sino pochi anni fa non possedeva un cellulare) per annunciarmi il suo arrivo. Viaggiava sempre e solo in nave per venire nell’isola. Era una festa e un grande piacere poterlo accompagnare (non guidava mai) a San Sperate a casa del suo amico fotografo Pablo Volta. Da subito cominciava a raccontare come se avessimo lasciato la nostra conversazione il giorno prima e mi diceva che avrebbe voluto passare a salutare quella o quell’altro dei suoi tanti amici e amiche. Così come sono tanti i souvenir dei momenti passati insieme e tutti ricchi di emozione, ironia e leggerezza. Amava stare in compagnia e intrattenere le serate con racconti rocamboleschi, canti partigiani e chansons françaises. Mi piace ricordare le sue telefonate da chissà quale posto del mondo: deliziosa fanciulla come stai e cosa stai fotografando? Deliziosa fanciulla, chiamava così tutte le sue amiche. Poi il piacere di camminare con lui per strada, che voleva dire impiegare molto tempo perché riusciva a parlare con tutti, si presentava e stringeva la mano, facendo sentire i suoi interlocutori importanti. E forse dopo diceva: posso farle una foto? Era un affabulatore speciale.»

Pinuccio sciola
©Rosi Giua

Pinuccio Sciola, artista. «Quando ho conosciuto Mario Dondero? Non lo ricordo, come non ricordo quando ho conosciuto mia madre o i miei fratelli. La mia memoria non va oltre il tempo. L’amicizia con Mario è dentro di me, non importa quando o come… Arrivava a San Sperate senza preavviso, per trovare me e Pablo. Ogni volta ci riempiva la vita con la sua gioia di viverla, assaporarla, gustarla anche e soprattutto nelle piccole cose. Mario è dentro la storia del fotogiornalismo con la sua personalità fatta di bontà, tenacia e di amore per gli uomini (e anche per le donne!), soprattutto delle classi più umili.»

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©Nanni Angeli

Tatiano Maiore, fotografo. «Ho conosciuto Mario a Roma negli anni ’70. Entrambi frequentavamo gli stessi giornali per tentare di vendere i nostri servizi. Sono tornato a La Maddalena negli anni ’80 e, da allora, Mario è sempre venuto periodicamente a trovarmi. Compariva spesso senza preavviso e si tratteneva qualche giorno prima di fare tappa a San Sperate. Una volta ha tanto insistito per andare in Corsica che alla fine ho noleggiato un gommone veloce per visitare la vicina Lavezzi. Arrivati nell’isoletta chiese allo skipper se poteva allungare sino a Bonifacio e, arrivati nella cittadina, dopo un breve giro disse: “voi tornate, io vi raggiungo”. Mi telefonò dopo quattro giorni. Mario, dove sei? chiesi. A Palau. Ma come hai fatto, avevi pochi soldi, dove hai mangiato, dove hai dormito? Un po’ in giro….Nella sua vita c’era posto per tutto, anche per la fotografia, occasione di incontro con le persone, la cosa a cui era realmente interessato.»

©FABIO PRESUTTI
©Fabio Presutti

Nanni Angeli, fotografo. «L’ho conosciuto tramite Tatiano Maiore che mi consigliò di invitarlo al festival “Isole che parlano” del 2000. Chi è, chiesi a Tatiano, Mario Dondero? Grazie a lui ho incontrato un grande fotografo e una persona straordinaria. Con noi ha esposto in diverse occasioni  “Una Commedia Umana”, “Scatti per Pasolini”, “A proposito di Robert Capa”. Quest’ultima mostra presentava 50 foto in bianco e nero che aveva scattato in Spagna sui luoghi della resistenza repubblicana del 1936-39, sulle tracce del miliziano immortalato da Robert Capa, il suo fotografo preferito. Ha poi tenuto una serie di incontri e seminari fra cui un indimenticabile “Riflessioni sull’etica di un mestiere” da cui abbiamo tratto un prezioso video (cliccare qui).  Per me era una persona speciale perché era contemporaneamente un grande fotografo con cui organizzare una mostra, un intellettuale da invitare per una conferenza e (soprattutto) un amico da invitare a cena»

©Alberto Melis
©Alberto Melis

Michela Mereu, fotografa. «Eravamo a Santa Teresa di Gallura per la rassegna “Musica sulle bocche” dove Mario avrebbe dovuto tenere una conferenza nel pomeriggio. Dopo pranzo proposi una visita alla Valle della luna e lui accettò col solito entusiasmo. Calzava dei mocassini da passeggio e aveva un’elegante giacca rosa che mise nel mio zaino. A un certo punto incontrò Ladia, un giovane ceco che aveva lasciato terra, affetti e lavoro alla ricerca di Atlantide. E nel suo immaginario l’ingresso di Atlantide era sotto la caverna in cui viveva. Scavava la roccia fino a costruire, un po’ alla volta, una scalinata verso il centro della terra. Dondero ne fu affascinato. Iniziò una fitta conversazione e poi scese con lui verso Atlantide. Alla fine della lunga chiacchierata era ora di avviarsi verso la sua conferenza. Il tempo di girarci e Mario era in acqua intento a fare il bagno in mutande. Poi andò alla conferenza senza l’ormai inutilizzabile indumento intimo, con la giacca tutta stropicciata, i mocassini impolverati ma con l’aplomb di uno che indossa il più elegante degli smoking.»

©Michela Mereu
©Michela Mereu

Elsa Pascalis, giornalista. «L’ho conosciuto quando mi occupavo della comunicazione dell’Associazione Noarte con Pinuccio Sciola. Una volta organizzammo un evento teatrale molto bello. Ma il vero spettacolo lo diede Mario alla fine, quando mise, dopo un lungo e complicato cerimoniale, tutti in posa su palco per una foto ricordo indimenticabile. Se posso usare una frase di Sergio Atzeni è passato sulla terra leggero….»

©Mario Dondero
©Mario Dondero

Alessandra Piras, insegnante di lettere. «Al tempo abitavo a San Sperate vicino alla casa di Pablo Volta con cui avevamo un rapporto di amicizia. E gli amici di Pablo erano, per la proprietà transitiva, anche suoi amici. Condividere le giornate con una quotidianità fatta di cibo e conversazioni letture e ricordi con un grande fotoreporter, è stata questa, per me, l’amicizia con Mario Dondero.»

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©Alec Cani

Carlo Birocchi, operatore culturale. «Era l’edizione più temeraria o forse anche  più ambiziosa del festival Marina Cafè Noir, quella del 2013, la seconda  nell’approssimarsi dell’inverno. Mille difficoltà ci avevano convinto ad intitolarlo orgogliosamente “Il vento contro”. Mario portò la sua mostra “A proposito di Robert Capa”, già esposta in precedenza a Palau ma, contrariamente al suo solito, non venne per inaugurarla. Aveva degli impegni disse e si sentiva un po’ stanco. La sua ultima presenza al Festival è stata nel 2011 con la mostra “Emergency in Afghanistan”. L’ultimo giorno, un dopopranzo al caffè Savoia con un  bellissimo sole, Mario ci fece mettere in bell’ordine per una foto-ricordo in stile classe liceale a fine anno. Non troppo convinto del risultato, iniziò a invitare i baristi e qualche avventore ad unirsi, a cambiare posizione, a ingarbugliare il risultato visivo. Anche Uliano Lucas e Rosi Giua si erano posizionati dalla parte dei fotografi convincendo Mario a inserirsi tra i fotografati. Scatto dopo scatto, su suo invito, si aggiunsero nuove persone da immortalare, altri avventori, persone di passaggio, un ambulante senegalese. Tengo quelle foto ben in vista, sopra una libreria. C’è la raffigurazione di qualcosa di felice, di soddisfacente e sorprendente fiducia nell’umanità.»

©Renato d'Ascanio Ticca
©R. d’Ascanio Ticca

Anna Marceddu, fotografa. «Abbiamo esposto insieme in alcune mostre. Era una persona speciale, di una galanteria cortese e spontanea. Una volta era seduto al tavolo insieme ad Uliano Lucas e Pablo Volta che parlavano accanitamente di fotografia. Mario sembrava assente, annoiato, distratto. E lo era! Alla fine non ne poteva più e sbottò: “Smettetela! non c’è cosa più noiosa che parlare seriamente di fotografia.»

Mancano, per motivi di spazio, molte altre testimonianze ma dai ricordi affettuosi di chi lo ha conosciuto emerge nitidamente il ritratto di un uomo garbato e libero che ha voluto bene alla gente, che amava assaporare con curiosità ogni istante della sua vita. Ora, come ha scritto Michele Smargiassi nella più toccante fra le commemorazioni scritte dopo la sua morte, Donderoad è partito di nuovo e stavolta starà via un po’ più a lungo. Ma un giorno lo rincontreremo da qualche parte e sono sicuro (ora lo conosco bene anch’io) che quando qualcuno gli chiederà: “Mario, dove sei stato?” lo guarderà con quel suo sguardo dolce, disarmante, un po’ enigmatico e quel suo sorriso sornione e risponderà: Un po’ in giro….E poi comincerà a parlare come se avesse interrotto la conversazione il giorno prima.

Enrico Pinna

Crediti: gli autori delle foto sono indicati nelle didascalie. Foto di apertura ©Rosi Giua.

 

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