La vertigine del doppio

C’è sempre un doppio in ogni identità, un rovescio in ogni medaglia, un lato oscuro in ogni esistenza, uno specchio che inverte e deforma ogni uomo e ne modifica i tratti. “Date ad un uomo una maschera e dirà la verità” recita un fulminante aforisma di Oscar Wilde e il concetto di “doppio” accompagna ogni manifestazione della nostra vita rendendo incerto il sicuro e facendo misurare l’uomo con i propri fantasmi che si fanno metafore di angoscianti dualismi tra bene e male, tra luce ed ombra.

E nessun’altra arte come la fotografia, così nitida eppure così evanescente, così vera ma sempre propensa alla menzogna, così una e così doppia è idonea a rappresentare le metafore e le suggestioni delle dissonanze connaturate con la nostra esistenza. Da queste premesse nasce VERTIGO, mostra fotografica collettiva, curata da Roberta Vanali, visitabile sino al primo marzo nella galleria CFC, Centro Fotografico Cagliari di Cristian Castelnuovo, in Via Eleonora D’Arborea 51 a Cagliari.

Il titolo si ispira alla famosa pellicola di Alfred Hitchcock nota in Italia anche con il titolo di “La donna che visse due volte” e propone 11 fotografi di diversa provenienza territoriale e background di appartenenza per una riflessione sul concetto di doppio come elemento di identità. Ciascuno ha lavorato alla ricerca della propria visione per rappresentare la personale metafora degli opposti, celati o conclamati, che accompagnano il nostro cammino di esseri umani.

Alessandra Baldoni, fotografa umbra, propone quello che lei definisce “un archivio del buio, una mappatura del fiato sospeso” espresso attraverso la maschera del fiabesco che addolcisce, solo in apparenza, le storie nascondendone il sottofondo angoscioso.

Nelle foto dell’artista Napoletana Barbara La Ragione la favola si fa incubo, le maschere abbandonano l’aspetto fiabesco per materializzarsi in grottesche e stranianti rappresentazioni di un’identità deformata dietro cui confinare il nostro lato più oscuro ed inconfessabile.

Anche il racconto di Massimiliano Perasso, artista cagliaritano d’adozione, vede la maschera come snodo di una narrazione dai forti riferimenti esoterici e sessuali. Un’immagine che vive, nel dualismo fra il corpo femminile e la maschera diabolica dai forti connotati maschili, un “doppio” dai molteplici significati.

Le sovrapposizioni spaziali e temporali dell’artista Siracusano Davide Bramante indagano le stratificazioni urbane, metafora di sedimentazioni di memorie a cui attingono le nostre esperienze e le nostre personali e collettive contraddizioni ben simboleggiate da velature e dissolvenze.

Il disturbo bipolare rappresentato da Giovanni Loy indaga una condizione patologica della personalità dove la persona Ha il dono di trasformarsi in così tanti personaggi distinti e totalmente diversi da darti l’impressione che porti tutta l’umanità dentro sé,Secondo la citazione di Paul Auster. Una perfetta sintesi del tema della mostra resa con un’immagine cupa e straniante.

Le immagini tratte dal progetto cinematografico “La Sposa nel vento” di Giovanni Coda, sulla piaga del femminicidio, oltre ad aver fatto discutere a causa della bocciatura del film da parte Regione Sardegna, ci offrono una struggente e poetica dissonanza visiva che si fa racconto amaro e dolente.

Cristian Castelnuovo è sedotto dalle luci delle raffinerie Saras e, come in grande puzzle, restituisce uno spaccato di una realtà trasfigurata. Un inganno visivo che confluisce in una sorta di paesaggio distopico, immerso in una atmosfera sospesa dai toni patinati, che non può non far pensare alle suggestioni apocalittiche del fantascientifico Blade Runner.

Massimiliano Picconi e Giusy Calia offrono due interpretazioni di corpi deformi in formalina, reperti di medicina anatomica, curiosità scientifiche dai tratti raccapriccianti. In particolare le sorelle siamesi di Giusy Calia rendono la dissonanza fra la morte e quell’abbraccio eterno che ne supera i confini.

Elisabetta Falqui, immortala una modella nel cui capo coesistono due acconciature diverse, opposte, una maschile l’altra femminile. L’estetica anche ironica diventa rappresentazione del doppio che diventa ambigua e seria riflessione sull’identità.

Emanuela Cau propone una visione introspettiva dove lo specchio non riflette ma mostra in trasparenza l’identità “altra” che emerge dal dietro, dall’ombra. L’immagine è ambigua, galleggia fra realtà e finzione, fra l’introspezione e l’autorappresentazione care all’artista.

In una mostra personale è l’artista che ti guida nei suoi percorsi espressivi attraverso un numero di immagini adeguate per sviluppare la comprensione del suo discorso artistico. Una mostra collettiva con una sola immagine per artista si nutre fondamentalmente del lavoro curatoriale che lega, con il filo della coerenza, le opere al tema. A Roberta Vanali è toccato il compito, svolto con successo, di svelarci, attraverso la scelta attenta di opere e artisti, Colui che adesso stava seduto di fronte al signor Goljadkin (che) era la vergogna del signor Goljadkin, (che) era l’incubo del giorno prima del signor Goljadkin, (che) era lo stesso signor Goljadkin.”  É il Sosia di Fëdor Dostoevskij, quel doppio con cui tutti, prima o poi, facciamo i conti nella nostra vita.

Enrico Pinna

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