La storia del fotogiornalismo italiano di Uliano Lucas: La parola alle immagini

Ci voleva un grande fotoreporter come Uliano Lucas per scrivere il libro che mancava, quello che non era stato mai scritto per intero:  la storia del fotogiornalismo Italiano. Per dare la parola alle immagini. Per riannodare i fili di un percorso che in Italia ha avuto tempi e scelte editoriali diversi rispetto all’evoluzione della fotografia di reportage nel resto del mondo occidentale. Per provare a spiegarne i motivi delle tante occasioni mancate e fare una riflessione sulle prospettive funzionali e formali del fotogiornalismo Italiano del terzo millennio.

Uliano Lucas, nella duplice veste di storico e di protagonista, si è assunto questo non facile compito insieme a Tatiana Agliani, studiosa di comunicazione visiva. Esce in questi giorni “La realtà e lo sguardo. Storia del fotogiornalismo in Italia” edito da Einaudi. Ci sono volute 680 pagine per scrivere in modo esauriente ed esaustivo delle vicende della fotografia d’informazione in Italia e per indagarne i complessi rapporti con l’editoria e con la politica.

978880616201GRAI due autori ripercorrono la storia del fotogiornalismo italiano dalla seconda metà dell’Ottocento alla fine del Novecento, seguendo la nascita e l’evoluzione delle diverse testate, le vicende professionali dei fotoreporter e i loro rapporti con le redazioni dei giornali. Un percorso complicato, che ha scontato un forte ritardo rispetto al resto della fotografia del mondo occidentale anche (ma non principalmente) a causa del ventennio fascista.

“Nostra convinzione — sottolineano gli autori in premessa — è che il fotogiornalismo italiano abbia conosciuto un pesante ritardo e forti resistenze rispetto a quello di paesi di più antica tradizione industriale e democratica, a causa dell’isolamento culturale e della mancanza di libertà del periodo fascista da un lato e ancor più di una cultura “alta”, di matrice crociana, che ha sempre considerato con diffidenza e sufficienza un linguaggio strettamente legato a un mezzo tecnico come la fotografia, come è  confermato del resto dalla lentezza con cui la fotografia è stata riconosciuta come bene culturale nella legislazione italiana e negli ordinamenti scolastici, nonché dall’esclusione dei fotoreporter dall’ordine dei giornalisti fino agli anni Settanta del Novecento.”

Fu infatti proprio il dopoguerra a mettere in luce le difficoltà dei fotografi e quelle della fotografia ad affermarsi come linguaggio autonomo e moderno. I primi “fotoracconti”, strutturati come sceneggiature di un film, mostravano evidente la subalternità che i giornali assegnavano alla fotografia rispetto al cinema, che invece riuscì subito ad affrancarsi dagli stereotipi del passato regime grazie al neorealismo.

La fotografia scontava ancora un ritardo culturale accentuato da «un’editoria orientata in diversi momenti della storia italiana, per diverse ragioni, verso un giornalismo d’evasione e d’intrattenimento teso più ad amplificare i miti e i desideri della società dei consumi che a mostrare le molteplici, complesse e contraddittorie realtà del paese».

FataLUCAS_TFT_1_8.inddlmente le immagini pubblicate, didascaliche e quasi sempre lontane dal moderno linguaggio del fotogiornalismo, erano sempre ingabbiate e forgiate per essere illustrazione della parola, vero e proprio centro focale di qualunque impianto narrativo. Anche in questo clima poco propizio molti dei nostri fotogiornalisti hanno saputo far tesoro anche di queste debolezze, esprimendo tratti e percorsi espressivi spesso del tutto originali.

Inoltre “è emersa — scrivono gli autori — la storia di una fotografia d’indagine sociale che si è affermata a latere della stampa a larga tiratura e ha sviluppato poetiche e sensibilità uniche nel panorama del fotogiornalismo  internazionale, slegate dai tempi e dai meccanismi della notizia prodotta all’interno di un giornale e nate invece da tempi di ricerca e d’indagine diversi, dalla curiosità, dall’impegno, dalla cultura di fotografi freelance che hanno fatto della fotografia una scelta di vita, vi hanno individuato un mezzo di scoperta e di confronto con la realtà”.

Restava comunque (sia a destra che a sinistra) la supponenza d’inferiorità dell’immagine rispetto alla parola. Il disagio dei fotografi era diffuso. Ce lo ha ricordato il grande Tano D’Amico nel suo recente incontro a Cagliari, ospite del festival “Ecologia dell’Informazione”. «Un giorno — racconta Tano — presi carta e penna e scrissi a Enrico Deaglio direttore di Lotta continua per cui lavoravo chiedendogli: perché quando io entro in redazione i giornalisti smettono di parlare?».

Lo stesso Tano ci ricorda la scelta iniziale di due testate politiche come Il Manifesto e La Repubblica di usare pochissime immagini, sottolineando le parole rivelatrici di Eugenio Scalfari nelle presentazioni del nascente quotidiano: “Il nostro sarà un giornale serio, come Le Monde. Infatti non avrà fotografie….”.

Con “La realtà e lo sguardo” Uliano Lucas e Tatiana Agliani ricompongono, ricorrendo ad un enorme numero di pubblicazioni e al mastodontico archiviodocumentale costituito dalle annate di giornali e riviste dell’epoca, i tasselli di una storia che è letteralmente passata sotto i nostri occhi. Fanno un’analisi convincente del passato, delle tante occasioni perdute e raccontano dei tanti grandi interpreti che hanno animato il mondo della nostra fotografia di reportage.

Il volume, assolutamente indispensabile in ogni libreria, si conclude con un’attenta lettura di un presente dove “La maggior parte delle immagini di questo nuovo percorso del fotogiornalismo appaiono come epifanie di oggetti e persone in cui la realtà è sempre filtrata da una sensibilità e da un immaginario, quasi che il protagonista non fosse più il soggetto dello scatto, su cui in passato il fotografo cercava di sintonizzare il proprio telemetro interiore, quanto piuttosto la sua percezione trasfigurata nello sguardo del fotografo».

Siamo all’anticamera dello storytelling che in maniera subdola sta facendo capolino nella fotografia di reportage con esiti tutti da scoprire. Ma questa sarà un’altra storia.

Enrico Pinna

Diventa anche tu sostenitore di SardiniaPost.it

Care lettrici e cari lettori,
Sardinia Post è sempre stato un giornale gratuito. E lo sarà anche in futuro. Non smetteremo di raccontare quello che gli altri non dicono e non scrivono. E lo faremo sempre sette giorni su sette, nella maniera più accurata possibile. Oggi più che mai il vostro supporto è prezioso per garantire un giornalismo di qualità, di inchiesta e di denuncia. Un giornalismo libero da censure.

Per ricevere gli aggiornamenti di Sardiniapost nella tua casella di posta inserisci la tua e-mail nel box qui sotto:

Related Posts
Total
0
Share