Faccio una certa fatica, lo ammetto, a pubblicare foto così crude. Lo faccio perché questa foto di Brent Stirton ha vinto il Wildlife Photographer of the Year 2017, organizzato dal Natural History Museum di Londra,che è il più prestigioso contest di fotografia naturalistica mondiale. Lo faccio anche perché con questa foto la fotografia naturalistica esce simbolicamente dalla sua onirica dimensione estetico-contemplativa per immergersi un un campo di denuncia e di riflessione che ha spesso evitato, accontentandosi della celebrazione del bello della natura. Questi sono gli effetti del bracconaggio internazionale al servizio dei venditori di costosissimi elisir contro l’impotenza, il cancro e tante altre malattie. La polvere di corno di rinoceronte costa più della cocaina, ma non dobbiamo dimenticare la caccia agli elefanti per le loro zanne d’avorio e la strage di tanti piccoli e grandi animali meno appariscenti.
E non possiamo ignorare che la Sardegna non è immune dal problema del bracconaggio, ancora ben radicato nella cultura di certe comunità, a danno di specie animali fragili e protette. Un bracconaggio effettuato con metodi non meno crudeli come i lacci per catturare i tordi e i cavetti metallici per strangolare cervi o cinghiali.
Brent Stirton, ha risolto in maniera magistrale la parte fotografica, con una luce cupa e un taglio che valorizzano la drammaticità della scena veicolando quella sensazione di malessere che è funzionale ad un’immagine che non a caso si è imposta come vincitrice. Il fotografo ci ricorda che la fotografia, anche quella naturalistica, fa e deve fare il suo mestiere che è anche quello di documentare, denunciare, far riflettere, anche con immagini brutali come questa, di cui dovremo ricordarci ogni volta che acquistiamo qualcosa la cui produzione comporta l’uccisione di animali protetti o in via d’estinzione.
Enrico Pinna