Le “Sentinelle in piedi”: libertà di repressione, non di espressione

Anche a Cagliari hanno manifestato le “sentinelle in piedi”. Quelle che rivendicano la libertà di ledere i diritti e le libertà altrui. Rivendicano però di farlo pacificamente, in silenzio ed educatamente. Come se esistessero modi più o meno educati per dire “sporco negro”. Sia chiaro, sono liberi di esprimersi liberamente. A me pare però rivendichino “libertà di repressione” piuttosto che “libertà di espressione”.

«Benedetti siano tutti i Parlamentari che hanno combattuto in questi anni contro l’omosessualità, contribuendo a liberare l’Uganda dall’opera di Satana. Invito tutti i cristiani a rendere la nostra meravigliosa città libera dai gay ricordando che nella storia umana la Chiesa ha sempre combattuto il Diavolo e molto sangue è stato versato. Mi appello a tutti i cristiani chiedendo di attuare ogni mezzo possibile per ripulire la nostra città dal male e dai gay. Seppur doloroso ogni genitore ha l’obbligo morale di denunciare il proprio figlio gay e consegnarlo alle autorità, per conquistarsi un posto nel Paradiso. Voglio ringraziare il Presidente Yoweri Museveni per aver supportato la lotta contro il male, firmando la legge contro l’omosessualità. »

Queste le parole pronunciate qualche mese fa da Charles Wamika, vescovo cattolico ugandese. Cattolico come me, cattolico come coloro che mercoledì hanno pacificamente manifestato al bastione sotto il nome di “Le sentinelle in piedi”.

Chi sono le sentinelle in piedi? Nel loro sito si definiscono così: “Sentinelle in Piedi è una resistenza di cittadini che vigila su quanto accade nella società e sulle azioni di chi legifera denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”. “In piedi per difendere la libertà di espressione e per la tutela della famiglia naturale fondata sull’unione tra uomo e donna”.

Una protesta organizzata per combattere, tra le altre cose, il ddl Scalfarotto che sanziona l’omofobia. In sostanza, secondo questo movimento, qualsiasi cosa dovrebbe poter essere difesa in quanto “libertà d’espressione” e a prescindere se questa leda o meno le altrui di libertà.

Queste persone, cristiane (solo di rito e non di spirito evidentemente),  rivendicano in sostanza il diritto di poter esprimere liberamente qualsiasi espressione come quelle usate dal vescovo Wamika. Sulla “famiglia naturale” scriverò nel prossimo post. Oggi mi attengo a due considerazioni sul ddl Scalfarotto e sul tentativo di “…distruggere l’uomo e la civiltà”.

Se “civiltà” significa battersi per impedire il riconoscimento di eguali diritti a due persone che si amano, immaginate cosa possa significare per queste persone l’ “inciviltà”.

Il ddl Scalfarotto contro l’omofobia e la transfobia, che arriva in questi giorni in Parlamento, estende la legge Mancino-Reale sulle discriminazioni etniche, razziali e religiose ad atti motivati da omofobia e transfobia.

Sulla legge esiste un dibattito molto ampio, che vede alcuni giuristi ed alcune associazioni assolutamente contrari all’approvazione della stessa (chi perché la ritiene poco restrittiva, chi per l’esatto contrario), e altri che ritengono che la stessa sia, finalmente, un adeguamento dell’ordinamento alle più civili e democratiche nazioni straniere.

C’è anche, tra le associazioni per i diritti lgbt, chi è arrivato a definire l’attuale sottosegretario (gay dichiarato) un traditore. Considerazione quest’ultima che non condivido.

Una legge che peraltro non porterà ad alcuna limitazione nella libertà di esprimere le proprie opinioni. Come si evince dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge, si è sostenuto che l’estensione della legge Mancino-Reale potrebbe condurre alla condanna, per discriminazione, tanto della mamma intenta nel persuadere la figlia a non sposare un bisessuale, quanto del padre che decidesse di cacciare da casa il figlio che volesse andare a vivere nell’immobile col proprio compagno.

In realtà, la legge Mancino-Reale si basa su una nozione di discriminazione il cui significato si può trarre sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sia dalla richiamata convenzione di New York, sia dall’articolo 43, comma 1, del Testo unico sull’immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, successivamente meglio puntualizzata nella direttiva 2000/43/CE del Consiglio europeo, recepita con il decreto legislativo n. 216 del 2003, che fa menzione anche dell’orientamento sessuale.

In sostanza è il principio dell’”offensività” che deve caratterizzare la condotta penalmente rilevante e che vincola il giudice nell’interpretare e applicare la legge penale, ai sensi dell’articolo 49, secondo comma, del codice penale, se si verificassero le ipotesi richiamate;

le stesse ricadrebbero nell’ambito dei reati impossibili, in quanto la condotta non sarebbe idonea a ledere o a porre in pericolo il bene giuridico protetto.

Invece la fattispecie delittuosa descritta dalla legge Mancino-Reale è molto chiara e precisa, individuando condotte che vanno ben al di là della semplice manifestazione di un’opinione. Infatti, la legge punirebbe  l’istigazione a commettere una discriminazione o una violenza, non semplici opinioni, quand’anche esse esprimano un pregiudizio.

Ovviamente, la differenza tra un semplice pregiudizio e una vera discriminazione è lasciata all’insindacabile giudizio di un giudice, e questo dipenderà ovviamente dalle condizioni di tempo e di luogo, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da precedenti condotte dell’autore etc…

Ecco, forse in questa “eccessiva” arbitrarietà valutativa del giudice consiste, a mio modestissimo parere, il maggior limite di questa legge.  Nessuna libera opinione quale “secondo me un bambino per crescere al meglio necessiterebbe della figura del padre e della madre” sarà assolutamente perseguibile come vorrebbero far intendere certi detrattori quali le sentinelle. Almeno che, per usare l’espressione di Giulia,  non si voglia essere sentinelle “coi piedi” invece che “in piedi”.

Fortunatamente anche tra i cattolici, abbiamo una sensibilità cristiana diversa. In troppi rivendicano di esprimersi in nome e per conto di Cristo. Gesù invece, come sappiamo, sull’omosessualità non disse mai nulla.  Semmai disse: “ama il tuo prossimo come ami te stesso”.

Gianluigi Piras

 

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