This Is Mirrionis. L’anima del quartiere negli scatti di Georgiu e Winship

“Le fotografie si fanno con i piedi”, ama dire il Maestro Ferdinando Scianna. Perché le buone foto non si trovano per caso. Bisogna camminare tanto per andarle a cercare. Poi, precisava un altro Maestro, Cartier Bresson, “ le foto si fanno anche con gli occhi, con il cuore, con la testa”.

La felice sintesi di queste pillole di saggezza fotografica è evidente visitando l’esposizione “This Is Mirrionis”, inaugurata a Cagliari alla Galleria Comunale d’Arte nei Giardini Pubblici giovedì 17 luglio e aperta sino a tutto ottobre 2014. In mostra 120 immagini scattate, durante la loro residenza artistica, da George Georgiou e Vanessa Winship nel quartiere cagliaritano.

“This Is Mirrionis” racconta i quartieri cittadini di Is Mirrionis e San Michele visti con gli occhi dei due fotografi inglesi, ospitati in città all’interno di eureca!, progetto di arte pubblica e partecipata inserito nella programmazione dei Musei Civici per la candidatura di Cagliari a Capitale Europea della Cultura 2019 e realizzato dall’agenzia fotografica Prospekt.

Vanessa e George hanno vissuto a Cagliari per quaranta giorni, tra 26 marzo e 5 maggio, immergendosi nel quotidiano della periferia urbana e documentando vita e abitudini degli abitanti: un punto di vista esterno e nuovo per descrivere una realtà cittadina, poco conosciuta dagli stessi cagliaritani, che negli anni ha faticato a trovare una sua vera identità.

Vanessa Winship, con il suo bianco e nero intimo e meditato restituisce la bellezza che non ti aspetti nei ritratti, dove gesti e sguardi non sono mai casuali, ma capitoli di un racconto intimo e personale che si fa storia collettiva. George Georgiu, con il suo colore morbido ed ovattato, indaga i luoghi abitati, le persone, i loro percorsi di fede e di sofferenza, le loro quotidiane occupazioni. Ballerini di una danza immobile, come li definisce Maurizio Memoli nella presentazione.

Il diario sociale di Vanessa e i raffinati scorci urbani di George, spesso montati in efficaci fotocomposizioni, contribuiscono con forza alla rilettura di un quartiere che sembrava senza segreti, ma che invece ti sorprende rivelandoti, grazie proprio allo “sguardo forestiero”, anime, paesaggi e significati nuovi

“Vanessa e George — scrive Maurizio Memoli nella presentazione — fotografano cose normali di un giorno normale prese, intercettate in una terra di mezzo, in un momento interstiziale di un tempo che pare perduto o inutile e che diviene, invece, sospeso e leggero. I visi, i gesti, le mani, gli oggetti sono come in equilibrio tra l’intimità dl cibo e della casa e l’essere insieme della comunità, della scena pubblica”.

«Un viaggio —  dice George Georgiou — iniziato nella diffidenza palpabile e conclusosi con il dono di una grande ed ospitale intimità, regalataci da tantissime persone che ci hanno aperto le porte della loro casa, del loro mondo privato. Mi avevano descritto una periferia problematica. Ho trovato un luogo pieno di contraddizioni e di cicatrici, incontrato persone vulnerabili e fragili. È un quartiere ferito ma con un forte senso di comunità».

Il reportage riesce a cogliere l’anima dei luoghi anche grazie alle diverse tecniche di lavoro dei due fotografi che, proprio perché profondamente diverse, riescono magistralmente a completarsi per farsi sceneggiatura di un racconto fluido ed avvincente. Scorci urbani, persone, sguardi, luoghi degradati, campi incolti, orticelli coltivati restituiscono una visione originale e rispettosa, sempre composta, mai sopra le righe, di una comunità cosmopolita e di un quartiere ricco di contrasti.

C’è un’immagine di George Georgiou che sintetizza con grande efficacia queste contraddizioni: un pianerottolo di un qualsiasi palazzo popolare, al centro la finestra, sulla sinistra, appoggiate al muro, una vecchia scala a pioli e una pianta secca, sulla destra una splendida pianta fiorita. Simboli di un’umanità sempre in bilico tra un faticoso quotidiano e il bisogno insopprimibile di rinascita e di dignità.

Piace rilevare, anche in questo progetto fotografico, un gradito elemento di novità, rappresentato dall’apertura al territorio da tempo perseguita dall’Amministrazione Comunale. «Il concetto di museo che si apre ai quartieri, l’abbattimento di confini sociali e frontiere culturali consolidate sarà — afferma con convinzione l’Assessore alla Cultura Enrica Puggioni — attivatore di processi di rilettura, di coinvolgimento e di riconnessione di territori e di quartieri talvolta ai margini per declinare una nuova visione corale della città».

La fotografia, si sa, non fornisce risposte, ma più spesso pone domande. E anche questa esplorazione visuale, intensa e coinvolgente, documenta il presente per porre quesiti e lasciar trasparire, attraverso una necessaria ed attenta lettura dei codici simbolici veicolati da ogni immagine, un’idea nuova, possibile e finalmente coerente di futuro.

Enrico Pinna

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