ENOSIM: a Carloforte le anime erranti di Konarzewski

«L’uomo è la specie più folle: venera un Dio invisibile e distrugge una Natura visibile. Senza rendersi conto che la Natura che sta distruggendo è quel Dio che sta venerando». Lo scrive Hubert Reeves, astrofisico, grande e vecchio saggio del mondo ambientalista. Che individua tre strade per preservare la vita, da percorrere contemporaneamente: “L’arte, la scienza e la compassione, ovvero la capacità dell’uomo di prendersi cura degli altri”. E se fosse proprio l’arte, con la sua capacità di vedere oltre, a salvare il pianeta? Forse non basta, ma può dare un contributo importante.

I bambini di una volta (quelli di oggi non so…) passavano ore con il naso in su. Il gioco era quello di scrutare le nuvole per trovare infinite forme fantasiose come la nuvola-pecora, la nuvola-cavallo, la nuvola-dalla-faccia-cattiva. Era un esercizio di visione e di astrazione niente male. Oggi fra le rocce e le spiagge dell’isola di San Pietro, la Enosim fenicia, non è raro vedere un uomo che scruta, col naso in giù, il terreno. Anche lui, con l’animo puro del bambino e lo sguardo visionario dell’artista, osserva il terreno alla ricerca di forme conosciute da fotografare. Le sue nuvole sono i prodotti dell’intelligenza dell’uomo, sbarcati sull’isola grazie alla sua stupidità. Sono i rifiuti di plastica spiaggiati, un esercito silenzioso, invincibile e indistruttibile portato a riva dalle tempeste dopo un lungo peregrinare. Sono bidoni di detersivo, frammenti di polistirolo corrosi dal mare, fogli di cellophane ingialliti dal sole in cui l’artista scopre volti ora inquietanti ora misteriosi.

Thierry Konarzewski è un artista che si divide Fra Parigi e Carloforte. Nato in Benin (Africa), ha trascorso i primi anni della sua vita in un villaggio sperduto nella boscaglia. Questa prima immersione naturale nell’animismo ha lasciato un’impronta profonda nel resto della sua carriera. La sua mostra ENOSIM,  che dopo essere stata a Parigi, Arles, Singapore e Bologna approda a Carloforte, da cui era simbolicamente partita, dove sarà al Club House Marinatour sino al 31 agosto 2016.

“Sono sempre stato attirato — scrive Konarzewski nel suo sito —  dagli oggetti logori e rovinati; subisco un vero fascino per le stigmate del tempo. Ed anche i rifiuti hanno una loro magìa particolare. I bidoni, questi oggetti quotidiani, privi di valore, trattati come tali dall’uomo, talvolta gettati senza neppure uno sguardo in mare, per incoscienza o pigrizia. Il loro vagabondare per i mari è un percorso iniziatico. Sballottati, impregnati di sale e di vento, incrostati di catrame, conchiglie e plancton, svuotati ed ammaccati, approdano infine sulle nostre coste, inerti, naufragati, sempre disprezzati. Degli Intoccabili. E tuttavia, hanno man mano subito una trasformazione. Sono diventati Entità Erranti, Guerriere, Marine”.

Per incontrare questo popolo di plastica dovrete fare il suo stesso percorso, attraversare il mare e approdare in quest’isola, emersa grazie a un Dio-vulcano generoso. Scoprirete anche voi quello che solo agli artisti più visionari è dato di vedere. Un distillato di purissima astrazione, una bellezza quasi ancestrale che emerge solo quando riesci a stabilire in contatto più profondo, ad andare “oltre” superando l’apparente banalità. “Ma — avverte l’autore —  I nostri rifiuti hanno un’anima, sono di una bellezza pericolosa. Essi sono il frutto dei nostri gesti, lo specchio della nostra civilizzazione e la nostra futura memoria poiché essi ci sopravvivranno”.

Come i topi il silenzioso esercito dei rifiuti si prepara a conquistare un pianeta minacciato dalla stupidità del suo più intelligente abitante. La mostra non è solo lo straordinario e visionario affresco dove si riflettono le fantasie e le suggestioni dell’artista ma anche un potente grido d’allarme. Konarzewski esemplifica, con le sue “anime erranti”, il contributo dell’arte al mondo auspicato da Hubert Reeves. Le sue inquietanti creature sono una fulminante metafora del provocatorio paradosso caro al grande vecchio: «Ciò che fino ad oggi ci ha salvato fin dall’origine della nostra specie, ovvero l’intelligenza, è ciò che oggi ci minaccia».

Enrico Pinna

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