Alla Galleria S’Umbra esercizi di surrealismo tra metamorfosi e grottesco

Luglio è tempo di esami anche per gli allievi dei corsi di fotografia. La scuola di fotografia analogica S’Umbra, fedele alla sua visione surreale e controcorrente dell’arte fotografica propone la mostra di chiusura che già dal titolo vi farà aggrottare la fronte per la perplessità.

E forse anche Nanni Coraddu, Chiara Caredda, Simone Schirru, Alessio Rundeddu, Giacomo Sitzia, allievi del corso e produttori del materiale in mostra qualche perplessità l’avranno avuta all’inizio di un corso che si è giocato fra tecniche antiche e contenuti d’avanguardia. Ma “Confronti Aggrottate – esercizi tra metamorfosi e grottesco” lascia intravvedere, dietro una titolazione all’apparenza incomprensibile, alcune fra le più potenti metafore propulsive della fotografia.

I loro lavori sono in mostra sino al 20 luglio nella sede della Galleria S’Umbra in via san Giuseppe 17 allestita in coerenza con un percorso visionario e un po’ surreale ma non certo banale o povero di significati. Un percorso che farà aggrottare fronte e  sopracciglia per la sorpresa, o la perplessità o (perché no?) per un legittimo disaccordo.

«I temi artistici — dice Luisa Siddi, docente insieme, a Stefania Arca, di questo percorso lucido e visionario — si giocano sulle due parole del sottotitolo, chiave metaforica dell’arte fotografica. Grottesco, oltre a significare i contenuti e simboleggiare la scoperta (le storiche grottesche fonte di ispirazione per gli artisti del ‘500) indica, per assonanza, un luogo buio, una camera oscura da cui nascerà l’immagine. Metamorfosi è quello che avviene dentro la macchina fotografica, dal barattolo stenopeico alla reflex: la trasformazione della materia sensibile in fotografia, opera pensata, attentamente calibrata e riempita di significati e metafore che ognuno porta dentro. Il nostro compito è stato quello di suggerire la strada per uscire dalla grotta ed interpretare le grottesche che il tempo ha custodito.»

Il percorso inizia con l’uovo (altra potente visione metaforica) il cui interno, reso fotosensibile, e stato impressionato con immagini stenopeiche. Questo inizio simbolico termina, a fine corso, con la trasformazione della sede de S’Umbra in una gigantesca macchina stenopeica con cui fotografare il vicolo esterno impressionando una grande tela.

Al centro storie minime raccontate con il bagaglio/fardello di vita di ciascuno, fra la rappresentazione forte e schierata del presente, riflessioni intime e un po’ amare di un passato che si allontana, visioni di un futuro che, per chi è giovane, è un frutto maturo da cogliere. Il tutto minuziosamente annotato in un “diario di bordo” che trasforma quei frammenti di storie in racconto compiuto.

Ora il viaggio, partito dall’embrione che cresce e diventa simbolicamente grande, è concluso. Non resta che osservare i lavoro degli allievi che hanno liberato le loro inclinazioni artistiche, che hanno, lezione dopo lezione, cercato di realizzare quel processo che in natura trasforma il bruco in farfalla. Ora hanno timide ali per spiccare i primi voli nel cielo della fotografia. Dovranno però ancora posarsi a lungo su tanti fiori che forniranno loro il nettare culturale necessario per continuare il cammino e completare la metamorfosi.

Enrico Pinna

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