Un intervento della dirigente regionale Simona Murroni sul Piano energetico regionale

Dalla dottoressa Simona Murroni, direttore del Servizio energia dell’assessorato regionale all’industria, riceviamo e pubblichiamo. Segue una nota di Piero Loi, autore dell’articolo sul Piano energetico regionale pubblicato dalla nostra testata pochi giorni fa. 

A proposito del Piano Energetico

Ringrazio il vostro giornale per l’attenzione posta al piano energetico ambientale regionale di recente adozione, anche se stupisce che in un articolo possano essere scritte tante inesattezze in così poche righe. Sono così tante che la domanda nata spontanea è stata: L’avranno letto davvero? E poi: ma avranno letto il piano energetico di un altra Regione?

Si tratta infatti di una proposta tecnica di più di 300 pagine ricca di dati, analisi scenari e azioni che le poche ore che si dice siano state dedicate alla lettura fanno apparire il commentatore un esperto non solo in materia energetica ma anche in lettura veloce. In realtà seppure con molto ritardo il piano è stato pubblicato sul sio della RAS la mattina del 24 febbraio , l’articolo è stato pubblicato il 6 marzo , il tempo di leggerlo c’è stato e allora? Probabilmente la fretta ha fatto sfuggire che il documento punta non tanto a incrementare la produzione di energia elettrica da fonte fossile quanto ad efficientare le centrali isolane. Efficientare vuole dire produrre energia elettrica a minori costi e con minori emissioni ossia dare un servizio migliore a costi simili a quelli registrati nel resto della Penisola, a tutto beneficio del prezzo dell’energia elettrica acquistata dai consumatori di tutta l’Italia.

E’ inoltre sfuggito che a pagina 297 del documento è proposta una moratoria alla creazione di nuove centrali termoelettriche non destinate alla sostituzione di quelle esistenti e che la centrale del Sulcis indicata negli scenari proposti è quella sperimentale da 50 MW prevista dal protocollo di intesa Stato Regione siglato il 2 agosto 2013 come primo step della ricerca sul carbone pulito.

Si è giustamente considerato che l’obbligo del Burden Sharing è stato raggiunto nel 2011. Peccato che si sia dimenticato di dire che va raggiunto nel 2020 e che non è bene pensare che la crisi economica con la conseguente caduta dei consumi registrata dal circa 2009 a oggi, resti una costante per la nostra isola. Un pianificatore pubblico al contrario deve operare e pianificare su una varietà di scenari che prevedano di adottare azioni che puntino sul miglioramento della condizione economica della Regione in cui opera.

Si parla di metano nel mix energetico proposto ma per produrre energia termica non elettrica. Per cui il dire che il metano è più caro del carbone resta un’affermazione vera ma ribadisco per la produzione di energia elettrica. Il metano consente infatti di avere quel mix energetico di fonti necessario a realizzare la generazione distribuita non solo per i privati, oggi quasi una realtà, ma anche per gli imprenditori che vedrebbero finalmente diminuire i loro costi energetici. La proposta del Piano è quella di creare interconnessione tra le fonti e le infrastrutture energetiche allo scopo di realizzare un modello di generazione distribuita integrato capace di utilizzare nella maniera più efficiente e redditizia l’energia disponibile, stimolare l’efficientamento in diversi settori contribuendo a rilanciare l’economia e superare proprio quelle gravi criticità rilevate nel sistema energetico sardo. Sono state quindi individuate opportunità di rilancio e ammodernamento infrastrutturale che farebbero dell’Isola un riferimento per le tematiche energetiche (smart grid e sistemi di accumulo). Gli effetti di tali azioni permetteranno la riduzione del consumo a parità di prodotto interno lordo, e soprattutto l’aumento della competitività del mercato energetico che si ricorda e sottolinea è un libero mercato e come tale vincolato alle regole che lo governano.

Si tratta quindi di una proposta tecnica che nella fase di consultazione prevista dalla valutazione ambientale strategica, ben potrà recepire suggerimenti, osservazioni e critiche costruttive perché il documento diventi un piano di tutti coloro che vorranno contribuire.

Spiace quindi ancora una volta constatare che invece che un confronto nelle sedi opportune si sia preferito dare una cattiva informazione, infangare e distruggere il lavoro di alcuni funzionari e a vario titolo di privati, che per circa due anni nel silenzio e dedizione hanno lavorato per consegnare alla collettività una fotografia dell’esistente proponendo soluzioni perseguibili in una logica di svolgimento del proprio ruolo e funzione di servizio pubblico.

Simona Murroni – Direttore del Servizio Energia Assessorato dell’Industria Regione Sardegna

 

In primo luogo, l’articolo contestato non dice che la Regione intende avvallare la realizzazione di nuovi impianti termoelettrici, eccezion fatta per il sistema integrato centrale – sito di stoccaggio dell’anidride carbonica di Nuraxi Figus. Né si dimentica di evidenziare che il piano cerca di migliorare il sistema energetico sardo tramite nuove e più efficienti strutture di trasmissione e distribuzione dell’energia. Piuttosto, l’articolo sostiene che l’Assessorato all’Industria punta sia sui combustibili fossili, portando al massimo livello la capacità produttiva delle centrali termoelettriche esistenti, sia sulle rinnovabili, installando nuova potenza, come si trova scritto nel documento. Non è forse questo un tentativo di incrementare la produzione di energia elettrica? 

Per convincersene basta andare a vedere lo scenario base (di tipo statico, perché non ipotizza nessun aumento di consumi energetici, anzi) presentato a pag. 229 del Pears. Ebbene, il punto è che nonostante si preveda un ulteriore contrazione dei consumi energetici, stimati a 9.700 Gwh per il 2020, si predispone l’installazione di nuova potenza nel settore dell’eolico, del fotovoltaico e delle biomasse.

 Ulteriori nuovi impianti, specie da fonti rinnovabili, vengono poi programmati in caso di ripresa dell’economia, ricorda la dottoressa Murroni. Tuttavia, se s’installa nuova potenza, si ottimizza la capacità produttiva delle centrali termoelettriche esistenti, si sostituiscono gli impianti desueti con nuove strutture (senza che nessuno dei grandi produttori interrompa la produzione di energia elettrica), e si migliorano le prestazioni energetiche, qualcosa non torna.

I conti invece ‘tornano’ se nello schema si introduce la variabile export.E l’idea che ci si fa dopo un’attenta lettura del piano è proprio questa: che la Sardegna sia destinata a diventare una sorta di piattaforma energetica per il continente. Lo confermano i dati: nel 2013, questa la stime dei redattori del Pears, sono previsti 4000 Gwh in transito verso il continente attraverso il cavo sottomarino Sapei. In pratica, con l’installazione di nuova potenza, al netto di un sistema energetico efficientato, sembra si voglia consolidare o innalzare questo trend.

Veniamo ora alla seconda critica. “Si è giustamente considerato – scrivono dall’Assessorato –  che l’obbligo del Burden Sharing è stato raggiunto nel 2011. Peccato che si sia dimenticato di dire che va raggiunto nel 2020 e che non è bene pensare che la crisi economica con la conseguente caduta dei consumi registrata dal circa 2009 a oggi, resti una costante per la nostra isola”. A riguardo, basterà osservare che l’energia necessaria per lo sviluppo interno potrebbe essere ricavata da un blocco, totale o parziale, delle esportazioni. In ogni caso, nonostante la Sardegna abbia già raggiunto l’obiettivo di coprire attraverso le rinnovabili una quota dei consumi totali pari al 17, 6 %  (è questo il Burden Sharing), non s’intendeva in alcun modo sostenere che si debbano mettere da parte le rinnovabili stesse. Tant’è che l’articolo specifica che il nuovo Piano Energetico avrebbe potuto scegliere di valorizzare queste fonti energetiche (evitando quelle più impattanti sotto il profilo sanitario ed economico) e limitare il ricorso ai fossili, avviando così una fase di transizione. Ma questa decisione non è stata presa.

 E infine la terza critica. “Nel Piano – specifica la dottoressa Murroni – si parla di metano solo per produrre energia termica, non elettrica. Insomma, al contrario di quanto fatto dall’improbo giornalista”. Ma è davvero così? Non sembra proprio, visto che a pag.291 del Pears si legge che “la Regione Sardegna individua 10 distretti energetici in cui sperimentare sistemi di microrigassificazione del gas al fine di realizzare l’integrazione tra la produzione, il consumo e l’accumulo di energia nel settore elettrico, termico e dei trasporti” “Il metano – si legge poi a pag 294 – contribuirà allo sviluppo della generazione elettrica distribuita, ma non si ritiene che il suo utilizzo possa entro il 2020 contribuire in maniera sostanziale alla diversificazione delle fonti energetiche utilizzate nel grandi centrali termoelettriche della Sardegna”. Tuttavia, come si legge a pag.298, “la Regione si pone l’obiettivo di promuovere una riconversione a metano entro il 2020 della centrale cogenerativa di Ottana, con il superamento dell’attuale configurazione ad olio combustibile”.

E insomma, “l’obiettivo – si dichiara a pagina 297, quando il piano incomincia a tirare le conclusioni –  per il 2020 è quello sia di incrementare l’efficienza del parco di generazione elettrico rispetto al valore registrato nel 2011 sia di giungere ad una produzione di energia elettrica così ripartita: 34% fonti rinnovabili, 30% petrolio e metano, 36% carbone”. Visto così, il mix energetico scaturito dall’efficientamento del parco di generazione elettrico parrebbero anche positivi: ma il dato è che a fronte di una diminuzione del loro peso relativo (dovuto essenzialmente all’incremento della produzione da rinnovabili), i combustibili fossili non perdono quote in termini assoluti. Per rendersene conto basta consultare le tabelle 12.15 e 12.36 a pagina 234 e 248 del Piano. Insomma, da qui al 2020 metano, carbone e derivati del petrolio faranno ancora la parte del leone.

Oltre alle rinnovabili, dunque, spazio al carbone e al metano: è questa la strategia dell’ex giunta. Ma come dimostrano le recenti vicende dell’utility dell’elettricità Sorgenia, puntare su queste due fonti fossili potrebbe non risultare conveniente: rispetto alla metà degli anni 2000, le centrali a gas e carbone non se la passano più così bene: restano spente la maggior parte del tempo. Per effetto della crisi, del boom delle rinnovabili e dell’elevato prezzo dei contratti a lungo termine (take or pay) del gas. Ed è proprio per questo motivo che, rivela il Corriere della Sera, AssoEnergia sta tentando di rinegoziare con il nuovo governo Renzi gli incentivi conosciuti come capacity payment che valorizzano la potenza installata piuttosto che l’energia prodotta. In pratica, si riceve denaro per stare fermi, gravando ulteriormente sul costo delle bollette degli utenti.

E ora? Come ricorda la dott.ssa Murroni è alle porte la Valutazione Ambientale Strategica (VAS). Così, dopo due anni di serrati lavori nelle chiuse stanze, tutti potranno intervenire per apportare modifiche al nuovo Pears.

Piero Loi 

 

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