Pubusa (comitato per il No) all’assessore Demuro: “La riforma costituzionale tradisce la Sardegna”

Da Andrea Pubusa, ordinario di diritto amministrativo e componente del Comitato per il No ai referendum costituzionali riceviamo e pubblichiamo.

Un cattedratico, anche quando è in politica, dovrebbe sempre tendere al vero e, in nome di questa missione, lasciar perdere la propaganda spicciola. Demuro, invece, al pari di Pigliaru, sembra dimenticare questo elementare dovere e si butta a capo fitto nella vulgata, secondo cui la deforma Renzi-Boschi-Verdini non depotenzia o, addirittura, rinforza le regioni speciali. Sbandiera una delle disposizioni transitorie della riforma Boschi, che per la modifica degli statuti delle cinque Regioni ad autonomia differenziata, richiede una legge costituzionale adottata dallo Stato «sulla base di intese con le medesime Regioni».

Cosa trae Demuro da questa disposizione? Gioia, appagamento! È salva l’autonomia sarda, dice! Anzi è potenziata! Mi sembra quel mio vicino di casa che giosce per la devastazzione delle regioni del centro Italia perché la sua casa in Sardegna è salva. Senza alcuna solidarietà, senza visione generale e, nel caso dell’assessore, senza cogliere la gravità dell’attacco devastante al regionalismo che il testo della Boschi contiene!

Caro Demuro, può crescere un fiore vigoroso e bello se intorno si è creata terra bruciata? O detto in altri termini: può dispiegarsi pienamente l’autonomia speciale sarda se l’ordinamento generale ha una torsione decisamente accentratrice ed antiautonomistica? Tu, come del resto tutti i costituzionalisti, ammetti che la “clausola vampiro”, che consente al governo di avocare a sé ogni legge che ritenga d’interesse nazionale, ancorché spettante alla potestà legislativa regionale, in realtà espunge l’autonomia delle Regioni ordinarie dal nostro ordinamento in violazione dell’art. 5 che impone alla Repubblica di “promuoverle”. Così – contrariamente a quanto dice Renzi – si attacca e s’intacca anche uno dei principi fondamentali, espresso nella prima parte della Carta.

Tu non puoi ricordare, per ragioni anagrafiche, la battaglia culturale e politica degli anni ‘50 e ‘60 di tutti gli autonomisti italiani ed anche di quelli sardi, che indicavano nella mancata realizzazione di un ordinamento generale a base regionale la causa dell’asfittica autonomia delle Regioni speciali e di quella sarda in particolare. Di quella battaglia ricordo le fasi finali, quando, appena laureato, iniziai la mia attività universitaria. Ora, altro che 30 anni indietro!, con Renzi torniamo addirittura agli anni ‘50 e al triste ricordo della compressione delle cinque regioni speciali. Tu – come dicevo – per ragioni d’età non la ricordi, ma la conosci per acquisizione culturale. Anche tuo padre, come coordinatore dell’ufficio legale regionale, ha difeso la nostra autonomia e forse faresti bene a riflettere su quella battaglia politica e culturale in questi giorni di attacco alla Carta e al suo fondamentale principio delle autonomie locali, sancito nell’art. 5.

Del resto non puoi non sapere che anche attualmente il procedimento di revisione dello Statuto è “rinforzato”: secondo l’art. 54, se l’iniziativa di modifica è statale, infatti, dev’essere richiesto un parere al Consiglio regionale; non solo, la Regione può indire un referendum consultivo dei sardi se le Camere in prima votazione approvano un testo contrastante col parere del Consiglio regionale. Non ci vuole molto a capire che è difficilmente ipotizzabile che un governo nazionale voglia andare ad uno scontro così aperto con l’Isola e i sardi. Tuttavia, questa procedura non ha impedito la compressione sostanziale della nostra autonomia, che sarà ancor più limitata quando l’ordinamento – se malauguratamente passasse lo scasso Renzi – assumesse un carattere dichiaratamente centralista, per volontà popolare espressa tramite referendum.

Ma Demuro bluffa anche sulla “clausola di supremazia speciale”, introdotta dalla deforma Renzi-Boschi e che annulla l’autonomia regionale ordinaria Demuro con Pigliaru dice che quella clausola non dispiega effetti in Sardegna. Ma non è vero! In proposito è sufficiente ricordare che l’interesse nazionale, in pratica il punto di vista e la decisione prevalente dello Stato centrale, espunto dai limiti alla potestà legislativa regionale dalla riforma costituzionale del 2001, ricompare con la “clausola di supremazia speciale” nell’articolo 117 della Costituzione, come riscritto dalla riforma.

Nel testo degli articoli 3, 4, 5 dello Statuto speciale quel limite era contenuto e lo è tuttora. Solo che dal 2001 lo stesso limite è stato reso inoperante dall’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001, che ha esteso alle Regioni speciali la nuova, più ampia autonomia concessa alle Regioni ordinarie. Il testo vigente dell’articolo 117 quel limite non lo ammette. Lo Stato infatti non ha più potuto invocarlo in quei termini. La ricomparsa dell’interesse nazionale come limite per le Regioni ordinarie nella clausola di supremazia speciale e del corrispettivo potere di interferenza statale, fa sì, automaticamente, che l’interesse nazionale ridivenga operativo come limite ordinamentale anche nei confronti delle Regioni speciali. Vale dunque anche per la Sardegna. Non c’è “clausola di garanzia” che tenga. Sulla questione mi permetto di segnalare a Demuro, a Pigliaru e anche a Ganau la riflessione postata da Tonino Dessì sul sito da me diretto.

Demuro, dunque, erra da giurista e, da politico, tradisce la Sardegna anche sotto altro profilo. Non avverte la contraddittorietà di una disciplina che prevede la presenza di Regioni speciali in un ordinamento dove il regionalismo viene in generale crocifisso. Ed infatti – ben si comprende – il passaggio ulteriore non è il rafforzamento delle Regioni speciali; più probabilmente, esse, isolate e in ordine sparso, saranno il bersaglio, sul piano culturale e politico, degli attacchi delle forze neocentralistiche, che nello scasso Renzi-Boschi-Verdini vedono non l’assetto finale, ma la testa d’ariete per sovvertire ogni rimasuglio di autonomia territoriale. Come S. Sebastiano, ci rifletta anche Pietrino Soddu salito sull’Aventino, la Sardegna sarà il bersaglio indifeso degli strali dei neocentralisti, che la piegheranno ai voleri centrali. Del resto, Demuro, già pratica l’obiettivo, genuflettendosi, insieme a Pigliaru e Ganau, al capo del governo, anche quando – come in questo caso – dovrebbe mettere da parte l’interesse di partito e levare alta e chiara la voce a difesa dell’autonomia della Sardegna espressione del pensiero di G. Tuveri, di Gramsci, Lussu, Dettori, Tittino e Mario, Melis, Antonio Pigliaru e tanti altri.

Andrea Pubusa

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