La rigenerazione degli spazi a Cagliari e le politiche che mancano

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione di Stefano Gregorini -Presidente Associazione Urban Center – sulla riattivazione degli spazi inutilizzati pubblici a Cagliari e in Sardegna. Un tema che, scrive, è stato trattato anche in occasione dell’ultima edizione del Festival Smart Cityness ed è considerato centrale per lo sviluppo economico oltre che per quello sociale e culturale ma che, secondo l’associazione non ha l’attenzione ed il dibattito pubblico che merita. Ecco il testo integrale.

 

Avete mai provato ad elencare gli spazi ed edifici inutilizzati o in stato di abbandono presenti nella sola città di Cagliari? Perdereste il conto. Come tutte le città d’Europa, anche la nostra, attraversa un periodo storico di grandi trasformazioni e mutamenti che hanno portato allo svuotarsi di spazi che prima ospitavano uffici pubblici, industrie, ospedali, scuole, carceri, senza contare l’immenso patrimonio abitativo. La città metropolitana ed i paesi dell’isola sono costellati di immobili chiusi ed inutilizzati.
Il tema della rigenerazione urbana è al centro dell’agenda urbana a livello europeo e nazionale e sono diverse le politiche messe in campo per guidare il fenomeno e supportare i territori nei mutamenti del contemporaneo. Fra queste anche il bando periferie promosso dal Governo che permetterà, nei prossimi anni, la realizzazione del progetto di riqualificazione del quartiere di Sant’Avendrace a Cagliari.
Sul fronte statale, oltre ai programmi operativi per le città metropolitane ed i piani per le periferie, si intravvedono azioni specifiche strettamente legate alla rigenerazione degli spazi, si pensi ad esempio al recente bando dell’Agenzia del Demanio per le case cantoniere ad un euro. Sul fronte regionale, se guardiamo alle politiche messe in campo dalla Regione Sardegna, vedremo che la strategia adottata è quella dell’alienazione, a cifre simboliche, di immobili del patrimonio regionale, a favore dei Comuni nel cui territorio sono ubicati i beni, seguendo uno spirito di sussidiarietà e decentramento che presuppone che gli enti locali sappiano gestirli e valorizzarli come leva per lo sviluppo del territorio.

È sufficiente? Gli enti locali saranno capaci di gestire questa transizione? Guardiamo a due politiche virtuose, una promossa da una regione e l’altra da un ente locale. La prima è Bollenti Spiriti, un programma della Regione Puglia per le Politiche Giovanili che ha portato, negli ultimi anni, alla riattivazione di immobili inutilizzati da parte dei giovani del territorio; una politica con la chiara missione di “attivare” i giovani ed incoraggiarli ad immaginare spazi capaci di diventare luoghi di cultura, di socialità e di nuove economie. Tra le punte di diamante di questo programma l’ExFadda, un antico stabilimento enologico abbandonato trasformato in un luogo per l’aggregazione, la creatività e l’innovazione sociale ed oggi gestito da una cordata di realtà del territorio.
La seconda è Incredibol! progetto del 2010 del Comune di Bologna che sostiene il settore delle imprese culturali e creative e che, per l’annualità in corso, si concentrerà sulla riattivazione di diciassette immobili comunali che l’ente locale ha deciso di dedicare alla promozione dell’imprenditorialità culturale e creativa. Gli immobili sono stati suddivisi in due categorie, quelli già disponibili ed altri immobili sui quali saranno necessari interventi di ristrutturazione ed il confronto con i Quartieri dove sono allocati.

A casa nostra invece lo stesso numero di immobili, di proprietà del Comune di Cagliari, sono stati messi recentemente all’asta. Perché in Sardegna non esistono ancora politiche simili nonostante l’immenso patrimonio pubblico e privato inutilizzato, la drammatica situazione occupazionale giovanile e le concrete opportunità che luoghi di questo tipo potrebbero attivare per lo sviluppo economico e sociale? In un mondo in veloce cambiamento, dove le reti e le comunità diventano centrali per le opportunità dei singoli e per la crescita sociale ed economica dei territori, gli spazi da trasformare in luoghi vivi rappresentano una grande leva di sviluppo locale.
Uno degli aspetti centrali, spesso sottovalutato, è la gestione. A livello europeo sono tante le strutture gestiste da cordate o reti di imprese, spesso da associazioni e cooperative, che si uniscono per garantire una gestione sostenibile ed ibrida, capace di coniugare funzioni ed utenza e dando vita a luoghi originali.
Sempre più la nuova economia della città e dei territori si genererà all’interno di spazi condivisi, come i luoghi di coworking, e quelli presenti nella città di Cagliari, ad oggi, sono tutti nati su iniziativa privata ed all’interno di spazi privati. Non esiste ancora un esempio di riattivazione di un immobile inutilizzato pubblico che segua queste logiche. Per avviare un processo che porti alla rigenerazione e riattivazione di alcuni di questi spazi servirebbe innanzitutto una mappatura degli spazi inutilizzati, quanti e quali sono? Ad oggi è difficile capirlo.
L’economia della conoscenza ha bisogno di luoghi di interazione, spazi di dialogo e cornici innovative dove produrre valore. La dimensione relazionale e comunitaria costituisce, oggi più che mai, una delle principali risorse per generare cambiamento e per dare vita e prospettiva a forme di imprenditorialità che vadano di pari passo con lo sviluppo di un’economia locale coesiva.
Ciò che hanno dimostrato Bollenti Spiriti ed altre politiche pubbliche è stato che è possibile coniugare il supporto a nuove occasioni di sviluppo imprenditoriale e culturale con la riattivazione di luoghi inutilizzati, per fare in modo che i giovani cittadini si riapproprino di questi spazi capaci di coniugare collaborazione, riuso, nuova imprenditoria, innovazione e creatività.

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