Quirra, la Commissione Uranio: “Smaltiti lì anche i siluri della II guerra mondiale”

“Larghe dai 20 ai 40 metri, le buche scavate per alloggiare il materiale bellico destinato allo smaltimento potevano contenere sino a 90.000 proiettili di calibro diverso, bombe d’aereo e siluri della seconda guerra mondiale. L’esplosione, innescata da circa 200 kg di tritolo, produceva nubi dell’altezza di 50-60 metri. Le polveri sprigionate raggiungevano i centri abitati: più di una volta abbiamo ricevuto le lamentele degli abitanti dei paesi dell’area del Poligono di Quirra ”.

Insomma, dentro i fornelli del Poligono Interforze, questo il nome dato dai militari alle buche dentro cui si facevano esplodere i vecchi armamenti, c’è finito di tutto. A parlare è il maresciallo dell’Esercito in quiescenza Francesco Palombo, ascoltato oggi dalla Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito. E se è vero che l’ex graduato non aggiunge grosse novità a quanto già si sapeva – i brillamenti del materiale bellico obsoleto nell’area Torri della base del Sarrabus è un fatto accertato sin dai tempi dell’inchiesta del pm Domenico Fiordalisi -, la sua testimonianza restituisce un quadro vivido delle operazioni che hanno portato lo Stato Maggiore dell’Aeronautica a smaltire a Quirra, fino al 2008, armamenti di ogni tipo provenienti da diversi depositi italiani .
“Dopo l’esplosione, il materiale bellico disperso veniva risotterrato. A quel punto i pastori potevano far ritorno nelle aree in cui pascolavano le pecore, che si abbeveravano con l’acqua fuoriuscita dagli scavi”, aggiunge Palombo. E precisa: “I militari svolgevano queste operazioni senza nessun tipo di protezione”.

Nella seduta odierna della Commissione guidata da Gian Piero Scanu (Pd) non si è parlato solo di esplosioni, ma anche dell’effetto su ambiente e salute che le attività del poligono del Sarrabus comportano. In mattinata, infatti, la Commissione ha ascoltato il professore dell’università di Siena Francesco Riccobono, autore di uno studio che esclude la presenza di uranio impoverito nell’area della  base interforze. Commissionato dal ministero della Difesa, lo studio è finito nel mirino della Procura di Lanusei. Riccobono, infatti, è stato indagato dal pm Domenico Fiordalisi per “omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri”. La sua posizione è stata poi stralciata dal Gup Nicola Clivio, che ha prosciolto il professore. In ogni caso,  i deputati che si occupano del caso Quirra hanno voluto un confronto con lo studioso.  Attraverso quali modalità il professore ha ricevuto l’incarico di valutare l’impatto ambientale delle attività militari svolte a Quirra? Può dirsi corretta la metodologia utilizzata nel corso dell’indagine che ha escluso la presenza di uranio impoverito all’interno dell’area militare? Queste le domande riecheggiate durante l’esame testimoniale di Riccobono.

Secondo la ricostruzione del professore, esisteva un rapporto di collaborazione – sebbene non formalizzata – con il ministero della Difesa già dai tempi della guerra in Kosovo, dove lo studioso è stato ospite dei militari italiani per la sua attività di ricerca sull’uranio impoverito. Solo in seguito è stato contattato dal ministero della Difesa per una prima attività di campionamentodurata un solo giorno, sempre senza incarico formale – “siamo nell’ambito della cortesia”, dice Riccobono. A tal proposito, il deputato di Unidos e membro della Commissione Mauro Pili, nell’avanzare dubbi sulla scientificità di quell’intervento, sostiene che quel campionamento è stato strumentalizzato dal ministero della Difesa per sostenere – due giorni dopo i carotaggi – che il caso uranio impoverito poteva ritenersi chiuso. Oggi Riccobono precisa che quegli esami non possono essere considerati rappresentativi della situazione ambientale di Quirra e dintorni.

Per il professor Riccobono, il secondo incarico da parte del ministero della Difesa arriverà più tardi, nel 2004. In quel caso la ricerca è durata 18 mesi. E si è basata su un campionamento effettuato a maglie di 100 metri nelle zone in cui si spara. Ma questa metodologia non convince i commissari, che ritengono che le aree non fossero le uniche in cui si sparava a Quirra.  Inoltre, i commissari sostengono che il materiale campionato sia stato prelevato attraverso maglie troppo larghe. In modo particolare, Pili, citando il fisico Evandro Lodi Rizzini, già perito del pm Fiordalisi, sostiene che  in Kosovo, dove Riccobono ha operato, l’uranio impoverito era stato scoperto solo grazie all’utilizzo  di campionamenti effettuati con maglie da 10 – 20 metri. Riccobono, invece, sostiene che quella dei 100 metri sia una distanza tale da consentire il ritrovamento dell’elemento radioattivo utilizzato nell’ambito delle attività militari, se ci fosse stato.
Altre criticità riguardano il fatto – sostiene la Commissione –  che, nell’ambito dello studio di Riccobono non siano state fatte indagini sugli elementi organici, ad esempio i vegetali, per studiare il fenomeno del bioaccumulo dell’uranio impoverito.

 

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