“Non può essere ritenuto valido il principio per cui si può compromettere ad libitum un luogo perché, in precedenza, qualcun altro aveva iniziato a farlo”. Lo scrivono i dirigenti del Fai Sardegna, citando una sentenza del Consiglio di Stato, in un comunicato critico sul progetto dell’Eurallumina, attualmente in fase di Valutazione d’impatto ambientale (V.i.a). L’ampliamento del Bacino dei fanghi rossi e la realizzazione di una nuova centrale a carbone nell’area di Portovesme, scrive il Fai Sardegna, sono figli di un modello di sviluppo industriale vecchio, superato e antieconomico.
Basti pensare che le caratteristiche degli impianti hanno costi di esercizio tali che hanno reso la produzione non competitiva al punto che nel marzo 2009 la società ha deciso di sospendere l’attività produttiva. Soprattutto, confliggono con il Piano Paesaggistico regionale (PPR), che per quelle aree prevede operazioni di risanamento ambientale. Il nuovo bacino dei fanghi rossi, “un’enorme collina di rifiuti tossici a ridosso della linea di costa e di un Sito d’importanza comunitaria”, e la nuova centrale, “alimentata col carbone, combustibile fossile tra i più inquinanti al mondo”, devono essere considerati come interventi di segno opposto alle indicazioni contenute nella Scheda d’ambito di paesaggio per la zona di Carbonia e Iglesias inclusa nel PPR, annullando il valore paesaggistico dell’area.